Rafa da leggenda (Scanagatta, Clerici, Crivelli, Azzolini, Mastroluca, Bertolucci)

Un marziano sulla terra: Nadal 20 e lode (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

I record sono fatti per essere battuti e da qui all’anno 2.100, in 80 anni, tante cose possono accadere, salvo che un giocatore vinca 13 Roland Garros, vincendo 100 partite e perdendone appena due in 15 anni. Rafa Nadal in finale ha dominato, anche tatticamente, Novak Djokovic così nettamente, 60 62 75, che nessuno poteva prevederlo. Difatti McEnroe, Wilander, Courier, Henman – gli opinionisti di Eurosport – avevano tutti pensato che il serbo avrebbe sfatato il mito dell’invincibilità di Rafa Nadal nel suo regno, approfittando anche di un campo pesante che pareva poter costituire un handicap per un top-spin presumibilmente meno efficace di Rafa. Inoltre si è giocato sotto il tetto dello Chatrier e anche quello pareva un elemento a favore di Djokovic, perché normalmente è cosi. Ci siamo sbagliati tutti soprattutto per le proporzioni assolutamente inimmaginabili della sconfitta. Djokovic non aveva mai perso così nettamente una finale di Slam e stupisce che Nadal avrebbe potuto vincere ancora più nettamente, per essere stato avanti di un break, 3-2 e servizio nel terzo set e poi, raggiunto sul 3 pari, per aver avuto una palla-break sul 4 pari. II break decisivo lo ha rinviato di poco: è arrivato sul 5 pari con un doppio fallo finale. E sul 6-5 40-0 Rafa si è permesso di chiudere addirittura con un ace esterno che ha lasciato Djokovic di stucco e lui…in ginocchio e poi, al suono dell’inno, in lacrime. Come si spiega un risultato cosi netto, se non vogliamo liquidarlo con la banalità del tipo, Rafa ha trovato una giornata magica e Novak una pessima? 1) Djokovic ha servito malissimo. Non metteva quasi mai dentro la “prima”. Nei due break iniziali ha messo 2 “prime” su 8 e 1 “prima” su 6. Ha lottato per 33 minuti ma si è trovato sotto 4-0, quando ha perso anche il quinto game pur essendo stato avanti 40-0… 2) Si è innamorato durante il torneo dei punti rapidi conquistati con la smorzata (35 contro Tsitsipas, una trentina ieri), ma non si è reso conto che a provarne troppe – e soprattutto troppo presto – non si è mai dato il tempo per trovare misura e controllo nei palleggi. Se non giochi quasi mai scambi di 10/15 colpi, uno come lui che fa del ritmo e della capacità di spostare l’avversario, una sua prerogativa, diventa dura contro un Nadal che non sbaglia mai, 3 gratuiti nei primi due set. 3) Se di solito il dritto è il colpo decisivo di Nadal, ieri lo è stato almeno altrettanto il rovescio slice che rimbalzava poco sul rovescio di Djokovic, e lo faceva avanzare nella terra di nessuno, senza dargli una palla comoda da attaccare. Insomma, Rafa ha vinto per la quarta volta il torneo che da sempre è nel suo cuore senza perdere neppure un set, come già nel 2008, nel 2010, nel 2018. Roger Federer, che questo weekend era Milano e che si è visto raggiungere nel numero degli Slam vinti, ha scritto subito sui suoi social: «Congratulazioni Rafa, il tuo è uno dei risultati più straordinari che si possono raggiungere nello sport». Nadal ha replicato: «Io e Roger siamo amici da tanto tempo, credo che Roger sia contento quando io vinco come io sono contento quando vince lui… Ma anche se ho sempre detto che bisognerà aspettare la fine delle nostre carriere per vedere chi ne avrà vinti di più… chiaro che mi piacerebbe essere io, ma in questo momento a me interessa soprattutto aver vinto ancora una volta il Roland Garros. Era questo il mio obiettivo… Ne sono strafelice, anche se al tempo stesso non posso dimenticare che il mondo sta attraversando un periodo molto triste e difficile, per cui anche nella mia gioia, e nella fortuna che abbiamo avuto per aver potuto giocare questi tornei, non posso essere contento come dopo altre vittorie». […]

Nole sembrava un qualificato (Gianni Clerici, La Repubblica)

I sapienti che dovrebbero prevedere l’andamento di un futuro match andrebbero licenziati: McEnroe, Tim Henman che si affianca a Wilander, Barbara Schett, non sembravano nemmeno immaginare che per un simile match tra un presunto qualificato e il campione del mondo avrebbero dovuto rivolgersi a un veggente. «Novak sta giocando una partita senza errori, non provocati» ha detto Mac «e poi la smorzata fa la differenza». In realtà non si era mai visto un campione che abbia data l’impressione di essere un qualificato come ieri Nole e bisogna essere comprensivi con i pronosticatori di un match difficilissimo da interpretare per almeno i primi due set. Alla fine Nadal ha avuto un 67% di punti vinti sulla prima palla di servizio contro il 50% di Djokovic, mentre la percentuale sulle seconde palle era di 66 a 48. Djokovic ha provato ad attaccare le righe con i suoi palleggi, spesso mancandole. La vicenda è stata complessa solo dal terzo al sesto game del terzo set ma con Nadal avanti 6 giochi a 5 il caso era già chiuso, e così Nadal ha raggiunto Federer.

Il dio della terra (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La saetta mancina bacia l’angolo più lontano. Quante volte quella traiettoria curva così diabolica si è infilata come un pugnale nella vana resistenza degli avversari. Ace. Con il servizio da sinistra a uscire, il pilastro su cui ha edificato la sua leggenda insieme al dritto più dirompente della storia. Smesso finalmente il ghigno da guerriero indomabile che lo ha accompagnato per due ore e 41 minuti, Nadal libera finalmente il sorriso e si inginocchia a terra, sull’amata terra parigina, in un rito laico che si ripete immutabile dal 2005 con tre sole eccezioni, e che Rafa potrebbe probabilmente eternare per altri 15 anni, tanto è manifesta la superiorità su una superficie che agli altri toglie energia e coraggio e a lui invece moltiplica forza e temperamento. Rafa fa 13 al Roland Garros, 13 vittorie nello stesso Slam quando ci sono migliaia di giocatori che darebbero la vita per conquistarne almeno uno. Vengono i brividi solo a pensarci, e il maiorchino ci aggiunge pure lo zucchero del Major numero 20, completando la rincorsa a Federer, il rivale più amato. Parigi, ora più che mai, diventa la Versailles di uno dei più grandi sovrani tennistici di ogni epoca, che ha cominciato a vincere sullo Chatrier a 19 anni e non ha ancora smesso a 34 suonati. E pensare che il Roland Garros spostato all’autunno di questa stagione tormentata, con l’umidità che rendeva la terra una poltiglia lentissima, pareva offrire le condizioni peggiori al figlio prediletto, peraltro reduce dalla precoce (per lui) eliminazione a Roma e portatore di una preparazione per forza imperfetta dopo aver rinunciato allo swing americano. Ma lui è cresciuto di condizione partita dopo partita. Ha sofferto un po’ solo nei quarti contro Sinner, che esce dunque dal torneo con l’investitura di avversario più ostico affrontato a questo giro, ma poi si è vendicato senza pietà di Schwartzman, il suo giustiziere al Foro, fino al clamoroso massacro della finale contro Djokovic. Per due set la finale sembra un’esibizione a senso unico, in cui le soluzioni sempre diverse di Nadal, le sue palle senza peso alternate alle uncinate di dritto e al back corto e basso di rovescio disarmano il lato sinistro del serbo. Sembra la finale del 2008, quando Rafa prese a schiaffi Federer affibbiandogli l’altro 6-0 mai rifilato a uno sfidante nell’ultimo atto di Parigi, fino a quando Nole si scuote nel sesto game del terzo set con l’unico break e si rimette in corsa, accompagnandosi con l’urlo del potenziale riscatto. Inutile, perché con un doppio fallo nell’11° game si consegna di nuovo al cerbero di Maiorca: «Stavo bene, non ho scuse. Semplicemente, Rafa ha giocato meravigliosamente, mi ha sorpreso per il livello fenomenale che ha saputo tenere per tutto il match». Quando arriva da un rivale non troppo amato e che anelava ad accorciare le distanze Slam dagli altri due supereroi (Novak ora resta fermo a 17), l’incoronazione ha un sapore sottilmente più dolce: «Per due set e mezzo, sono stato perfetto. E del resto non concedi così pochi game a Novak se non tieni un rendimento eccellente. Sono fiero di me». E come non credergli: ha ottenuto íl successo numero 100 al Roland Garros con due sole sconfitte, per la quarta volta ha vinto il torneo senza perdere un set ed è diventato il primo giocatore dell’Era Open a conquistare uno Slam a 15 anni di distanza dal primo. Record su record che tuttavia non lo scuotono: «Lo sapete, non guardo mai i numeri, io vado per la mia strada, ma certamente se un mese fa mi avessero detto che avrei rivinto a Parigi, non ci avrei scommesso: questa volta pensavo fosse troppo difficile. Ma nello sport le cose possono cambiare rapidamente». Non cambia però il rispetto per l’uomo che ha raggiunto, Roger Federer: «Ci lega qualcosa di speciale, lo sapete. Io credo che sia felice di questo traguardo, perché lo sarei anch’io per lui». […]

Nadal, chiamatelo leggenda (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Inginocchiato e festante. Non sembrava il Federer delle vittorie a Wimbledon? E dopo, con gli occhi lucidi sulle note dell’inno? Rafa Nadal ha chiuso il cerchio, ricomponendolo in due esatte metà, venti Slam a testa, uguali eppure difformi, ma tutti assieme straordinari per l’abbagliante bellezza che spargono sul nostro sport. Il gioco dei re ha sempre avuto due sovrani in questi ultimi venti anni. Lo sapevamo, li abbiamo accompagnati, in qualche caso ce ne siamo appropriati, anche solo per descrivere che cosa sia la bellezza dello sport. Ora il quadro si è ricomposto. I due Greatest off All Time sono appaiati. «È stato di Roger il primo messaggio, esultava per me», ha rivelato Rafa. «Mi ha fatto piacere. Ho condiviso con lui tutta la carriera, c’è rispetto fra di noi, e anche a me fa piacere quando è lui a vincere» […] Tredici volte il Roland Garros è un concetto che va oltre l’umana comprensione. Non sono tredici scudetti di fila, sono 91 match condotti in porto senza errori né cedimenti. Sono centinaia di ore di tennis vincente. Chilometri di corsa. Situazioni vissute sul filo. E raccolgono insieme migliaia di colpi preziosi. È l’infinito che assume dimensione umana. Rafa ieri ha firmato la vittoria numero cento sulla terra rossa di Parigi. Ha giocato 102 match, ne ha persi appena 2. Dalla prima volta in cui si presentò, era il 2005, è cambiata la disposizione dei campi, ne esistevano alcuni che oggi non ci sono più. Mentre lui vinceva, il Roland Garros è cambiato. Rafa a Parigi va oltre le cose, è come un’essenza divina che tutto governa dall’alto. A Djokovic è mancata proprio questa capacità di andare oltre se stesso. Ha giocato da Djokovic, ed è stato subito chiaro che non sarebbe bastato. Sullo scacchiere della finale, Rafa ha avuto sempre una mossa in più da proporgli. Sembrava comandarlo, lo invitava a scambiare sul rovescio, e gliene spediva tre diversi, uno fra i piedi, uno in guisa di pallettone svolazzante, infine uno stracco come uno straccio, e quando il serbo faceva la sua mossa, lo infilava con uno dei suoi colpi a catapulta, a spazzolare le righe del campo. Dice: «Ho giocato bene, lo so. Nei colpi e nelle scelte tattiche. Una partita che mi inorgoglisce, su un terreno diverso dal solito e non così adatto alle mie caratteristiche. Sono stato bravo». In realtà è stato un confronto combattuto. Il primo set è durato 45 minuti, come nei match più guerreggiati, ma il risultato è stato 6-0 per Rafa. Nole si è trovato quattro volte ai vantaggi, ha avuto una palla per chiudere il primo game sulla sua battuta, e Nadal gli ha chiuso tutte le strade percorribili. Lo stesso accaduto nel secondo, anche dopo che Djokovic è riuscito a interrompere la slavina che lo stava trascinando ai piedi di Rafa. Ha vinto un game, ma di lì a poco si è trovato brekkato altre due volte, consecutivamente. Nel terzo si è visto più gioco, ma solo perché Rafa, ottenuto il break, non ha spinto come doveva per conservarlo. Nole lo ha agguantato, è andato in testa. Fino al 5 pari. Lì Rafa ha trovato un nuovo break e la chiusura del match. «Mi ha battuto su tutti i fronti», ammette Nole. «Ci ho provato in molti modi diversi, soprattutto con il drop shot, ma erano armi spuntate». […]

Nadal, lezione di storia (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Non ha storia la finale del Roland Garros. Ma di storia, quella che dà i brividi perché nessuno la può fermare, dentro la partita ce n’è eccome. Rafa Nadal domina Novak Djokovic 6-0 6-2 7-5 e alza la tredicesima Coppa dei Moschettieri. Non vede il cielo di Parigi, ma al massimo il tetto che ha protetto il Philippe Chattier dalla pioggia. Ma sa che quello è il suo unico limite quando mette piede da queste parti. Nadal gioca la partita perfetta e raggiunge i venti titoli Slam di Roger Federer. Nella domenica dei grandi record eguagliati, a poche ore dal successo numero 91 di Lewis Hamilton che ha raggiunto Michael Schumacher come pilota più vincente di sempre, matura un altro aggancio da leggenda. «Sono felice – ha ammesso lo spagnolo in conferenza stampa – ma meno del solito perché la situazione nel mondo è triste, e il mio pensiero non cambia solo perché ho vinto». Nadal diventa il primo uomo nell’era Open a vincere un major a 15 anni di distanza dal primo. Immediato l’omaggio di Federer, che su Instagram ha manifestato il suo rispetto per «Rafa come persona e come campione. Negli anni, ognuno di noi ha spinto l’altro a diventare un giocatore migliore – ha scritto – Vincere 13 volte il Roland Garros è una delle più grandi imprese nello sport. Complimenti per i 20 Slam anche al suo team, perché nessuno può raggiungere un traguardo simile da solo». In conferenza stampa, Nadal l’ha ringraziato per le belle parole. «Abbiamo un buon rapporto e vuol dire tanto per me, vista la nostra rivalità» ha sottolineato. Al record di Slam, spiega, ci tiene. «Non ho mai nascosto che vorrei chiudere la carriera con più titoli di tutti nel major – ha detto – Ma ho sempre fatto la mia strada. Non puoi stare sempre a pensare: Novak vince qui, Roger vince lì. Non puoi sempre essere infelice se il tuo vicino ha la casa più grande o un cellulare migliore. Intanto continuiamo a giocare e vediamo che succederà in futuro». Contro Djokovic, Nadal ha giocato la partita perfetta. Ha aggiunto ancora una tessera al mosaico del suo tennis, un rovescio in lungolinea giocato profondo e con molta rotazione. Un modo per mantenere il controllo del gioco. In tutto il match, Nadal ha commesso appena 14 errori gratuiti. «Pensavo che le condizioni di gioco mi sarebbero state più favorevoli – ha ammesso Djokovic – ma Rafa ha dimostrato che mi sbagliavo. Ha disputato un match eccezionale. Io ho giocato un po’ troppo di fretta, cercando di accorciare gli scambi e non ho costruito bene i punti. Ma questo dipende anche dalla sua straordinaria difesa. Normalmente, dopo due o tre accelerazioni da dietro, contro nove avversari su dieci, con i colpi giocati oggi avrei fatto punto. Ma non contro Nadal non in queste condizioni».

Il trionfo del sacrificio nella sua Parigi (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

La finale del Roland Garros tra Rafael Nadal e Novak Djokovic avrebbe dovuto essere una partita equilibrata, dall’esito incerto. Quel diavolo di Rafa si è divertito invece ancora una volta a smentire i luoghi comuni dominando la partita, mordendo per la tredicesima volta il trofeo e toccando quota venti nei successi in uno Slam. Numeri che fanno impressione, extraterrestri più che umani. Lo chiamavano, in senso dispregiativo, terraiolo e lui per prendersi gioco dei detrattori ha impreziosito la bacheca con i successi di Melbourne, New York e Londra, dimostrandosi campione inarrivabile su tutte le superfici. Il più umile dei tre tenori, amato dai tifosi più disparati, si accomoda così, dopo il successo parigino, sulla poltrona dei più titolati di sempre insieme all’amico Roger Federer. I libri di storia raccontano che solo una volta lo spagnolo e lo svizzero sono stati alla pari nel numero di Slam: prima di Wimbledon 2003, quando erano zero a zero. Nadal perciò è partito svantaggiato nella corsa non solo per i numeri, ma anche per la qualità del rivale. Roger colpiva la palla con eleganza, giocava e vinceva senza sforzo apparente. Rafa invece ha dovuto costruire il suo tennis attraverso la fatica e il sudore. Sapeva di non poter competere battendo certe strade e allora ne ha disegnate e frequentate altre fino a trovare la chiave giusta per competere, rimanere in scia e raggiungere il campione svizzero. È sempre stato positivo lungo tutta la carriera, preciso nel trovare la corretta attitudine anche quando non avvertiva le giuste sensazioni. Ha insegnato a tutti i colleghi quanto fosse importante dimenticare la frustrazione per un punto perso, accettare la situazione e trovare il modo di ribaltarla. Veloce e al tempo stesso resistente, Nadal ha portato ai massimi livelli la lettura tattica delle partite dimostrando che dove non può il braccio arriva la mente. A tal proposito, c’è un episodio che racconta tutta la carriera di Rafa e dimostra perché sia arrivato fin qui attraversando anche fasi delicatissime. Miami 2004, il primo confronto diretto tra i due. Lo spagnolo non ha ancora 18 anni, mentre l’altro è già Federer. Di solito, gli avversari più giovani gli chiedono l’autografo e invece quello sfacciato ragazzino delle Baleari non abbasserà lo sguardo fin dagli spogliatoi. E lo batterà in due set. Per questo Nadal e Roger si ritroveranno appaiati e sorridenti al via del prossimo Slam.