Numeri: attenti (sempre) a quei due, Djokovic chiama, Nadal risponde

18- le vittorie consecutive di Nole
Djokovic nel 2020. 
Il campione serbo non è nuovo a
brillanti inizi di stagioni: il migliore di tutta la sua carriera è datato
2011, quando arrivò a una sola partita vinta dal record assoluto di 44 successi
di fila detenuto da John Mcenroe. Il serbo nove anni fa grazie ai successi
consecutivi sommati tra le sconfitte rimediate nella semifinale delle ATP
Finals dell’anno precedente e nel penultimo atto del Roland Garros 2011
(entrambe contro Federer), intraprese un cammino vincente che lo vide vincere a
Belgrado i due singolari della finale 2010 di Coppa Davis contro la Francia e
poi conquistare i titoli di Melbourne, Dubai, Indian Wells, Miami, Belgrado,
Madrid e Roma. Nole, anche grazie alla spiccata attitudine sui campi sul
cemento all’aperto -da lui stesso nei giorni scorsi a Dubai definita la sua
superficie preferita- è l’unico tennista ad aver vinto nella sua carriera per
tre volte nella stessa stagione Australian Open e i due primi Masters 1000
dell’anno (prima di lui c’erano riusciti Sampras, nel 1994, e Federer, nel 2006
e nel 2017). Tuttavia quella di questo 2020 è la seconda miglior striscia
iniziale della sua carriera: la precedente era quella del 2016, nella quale
vinse a Melbourne e negli Emirati Arabi, prima di essere fermato nella
semifinale di Indian Wells da Del Potro. Difficile capire quanto oltre potrà
spingersi quest’anno: negli ultimi tre anni non è mai arrivato nemmeno nei
quarti ai tornei del Sunshine Double (nel 2017 non ha giocato
a Miami). Intanto impressiona che ben sette delle sue vittorie stagionali siano
arrivate contro top 10 e altre tre contro top 20, a riprova di una superiorità
che in questo 2020 lo ha visto perdere solo sei set. A Dubai, dove ha lasciato
diciotto game complessivi a Jaziri, Kohlshreiber, Khachanov e Tsitsipas, ha
invece dovuto annullare tre match point a Monfils, rimontando per la
quindicesima volta in carriera dopo essere stato a un punto dalla sconfitta.

955- i punti complessivamente
guadagnati sui loro avversari da Novak Djokovic e Rafael Nadal.
 Un bonus importante di punti messi in cascina, favorito sia dalla
decisione dello scorso anno del serbo di non giocare nè negli Emirati Arabi nè
in Messico,sia dalla piccola cambiale in scadenza del maiorchino,
corrispondente ai 45 punti del secondo turno perso nel 2o19 contro Kyrgios nel
torneo centroamericano. Gli ATP 500 di Dubai e Acapulco vedevano la
partecipazione nel main draw di altri tre top ten e otto top 20, ma coloro che
hanno vinto gli ultimi otto Major disputati e da giugno 2018 si passano il
numero 1 della classifica, hanno ben pensato di lasciare solo le briciole ai
loro avversari. Nadal, nella sua corsa per il terzo titolo in Messico ha
incontrato tre top 50 (Fritz, Dimitrov, Kecmanovic) e due top 100 (Andujar e
Kwon) lasciando loro la miseria di 25 giochi. Rafa è tornato a vincere un
torneo sul cemento all’aperto senza perdere un set, a distanza di tredici anni
dall’ultima volta (Indian Wells 2007, quando sconfisse in finale proprio il
serbo che, non ancora top ten e nemmeno ventenne, raggiungeva la sua prima
finale a livello Masters 1000). Quello della scorsa settimana è l’ennesimo
segnale della ritrovata, da un paio di anni a questa
parte, competitività di Nadal ai massimi livelli sulle superfici dove non
è cresciuto tennisticamente. Il campione spagnolo aveva attraversato un periodo
di netta involuzione durato circa tre anni: da marzo 2014, con le finali
raggiunte a Melbourne a Miami, a quella persa agli Australian Open 2017 non
aveva mai raggiunto una finale importante fuori dalla terra rossa, non
accedendo nemmeno una volta ai quarti nei tre Slam non giocati sulla terra e
accumulando lontano dal mattone tritato appena due semi nei Masters 1000, a cui
si devono aggiungere una raggiunta alle ATP Finals e quella dei Giochi di Rio.
Una nuova competitività altissima anche fuori dalla terra confermata del resto
anche a novembre in Coppa Davis, in condizioni questa volta indoor, dove aveva
vinto cinque partite di fila affrontando in quel caso anche tre top 20. Non va
dimenticato che il migliore tennista della storia del tennis sulla terra
battuta e tra i più grandi in assoluto ha vinto nella sua straordinaria
carriera sinora un solo torneo in condizioni indoor, nel lontano 2005: sempre
nella capitale spagnola, quando il torneo era il primo dei due Masters 1000
stagionali giocati al coperto e si disputava nella Madrid Arena, sconfisse in
finale Ljubicic al tie-break del quinto set.