L’intervista Fognini «Se fossi numero 1 mi chiederebbero di essere zero» (Crivelli), Roger aveva detto che anche nel 2018 avrebbe rinunciato a giocare sul rosso. E invece… (Semeraro)

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

L’intervista Fognini «Se fossi numero 1 mi chiederebbero di essere zero»

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 28.11.2017

 

Il nuovo anno di Fabio Fognini sta prendendo forma tra Miami e Barcellona: poco tennis ancora, perché il ginocchio sinistro operato di menisco nel 2008 si è infiammato nelle ultime settimane e richiede cautela nella preparazione. In compenso il piccolo Federico, nato il 19 maggio dal matrimonio con Flavia Pennetta, gli prende tutto il tempo libero e le foto da papà felice postate sui social indicano che ormai si è calato perfettamente nel ruolo. Il numero uno italiano dovrebbe iniziare il 2018 a Sydney e poi agli Australian Open. Con quale spirito, ce lo racconta lui stesso. Fabio, che stagione si è lasciato alle spalle? «Sicuramente positiva, ho vinto un torneo (a Gstaad, ndr) e ho giocato bene anche sulle superfici veloci, soprattutto all’inizio dell’anno. Mi spiace solo per come è finita, l’infortunio è arrivato quando stavo crescendo, mi sarei tolto qualche soddisfazione anche indoor, ne sono sicuro». Per il quarto anno negli ultimi cinque. lei ha chiuso tra i primi 30 del mondo. Eppure di Fognini non si è mai contenti… «Ormai ci sono abituato, le critiche superano sempre di gran lunga i complimenti. Il problema è che in Italia si è tifosi, pro o contro, e non appassionati di sport. Se un giorno dovessi arrivare al numero uno del mondo, gli italiani non sarebbero comunque contenti e mi chiederebbero di essere il numero zero». Ha parlato di stagione positiva, però la macchia degli insulti alla giudice arbitro agli Us Open non si può dimenticare. «Ho sbagliato, non sono stato un buon esempio, mi sono scusato e ho pagato. Non credo ci sia nient’altro da aggiungere». Non crede che la sanzione (due Slam subjudice e 80.000 euro di multa), anche se sospesa, possa in qualche modo incidere sul suo rendimento negli Slam? «Io tante volte faccio già fatica, e lo sapete bene, a pensare a me stesso e alla partita, figuratevi se posso permettermi anche un peso del genere. Sono sereno, prometto che starò tranquillo». A Stoccolma, a metà ottobre, nei quarti ha battuto Sock che poi si è qualificato per il Masters. Rimpianti? «Chiaramente, non esiste l’equazione batto un giocatore e quindi merito come lui. Jack è stato bravo a cogliere le occasioni che gli si sono presentate, gli faccio i complimenti. Certo, vedendo quello che è successo dopo, posso sicuramente dire che quel livello tecnicamente mi appartiene e non mi manca nulla. Dovrei solo essere più continuo». E’ ciò che chiede al 2018? «Al 2018 chiedo innanzitutto la salute. Spero che il fastidio al ginocchio passi in fretta, perché per adesso non mi ha permesso di allenarmi con la racchetta. Però tutti gli altri parametri fisici sono a posto, perciò la fiducia per un percorso di alto livello è immutata». A proposito di salute, ben cinque top ten hanno chiuso la stagione in anticipo per infortuni. Si gioca troppo? «Sicuramente il calendario è piuttosto compresso, credo che una sospensione dell’attività per un paio di settimane a metà stagione farebbe bene a tutti, come magari giocare tutta la Coppa Davis in una settimana. Però mi dà abbastanza fastidio che chi si lamenta di più per le troppe partite poi finisca l’anno in giro per il mondo a giocare esibizioni». Cosa pensa delle nuove regole sperimentate alle Next Gen Finals? «Ma, il killer point sul 40-40 c’è già in doppio, pur con qualche sfumatura diversa, e forse sarebbe la più semplice tra quelle che riguardano il punteggio. Per quanto mi riguarda, possono mettere anche subito l’orologio dei 25″ tra un punto e l’altro, ma forse Nadal non sarebbe d’accordo (sorride, ndr): l’importante è che si usi sempre il buon senso, specialmente nelle partite lunghe». Se dovesse scegliere, meglio un grande exploit in uno Slam oppure rendimento costante a alto livello nei Masters 1000? «Uno Slam resta uno Slam». Come sta Federico? «E’ quasi 10 chili di ciccia. per adesso mi sembra tutto fuorché atletico». Una promessa per il 2018? «Voglio rientrare tra i primi 20 del mondo. E rimanerci».

 

Roger aveva detto che anche nel 2018 avrebbe rinunciato a giocare sul rosso. E invece…

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport 28.11.2017

 

Dopo un anno di assenza (giustificata) dai campi in terra, la novità del 2018 di Roger Federer potrebbe essere il ritorno sul rosso. Alla vigilia del Masters il numero 2 del mondo si era fatto sfuggire che ripresentarsi al Roland Garros era una questione su cui «riflettere bene, valutando pensando i pro e i contro» insieme al suo staff. Ma a chi lo conosce bene come Claudio Mezzadri, l’ex numero 26 del mondo ed ex capitano di Coppa Davis della Svizzera, il Genio ha confessato che non gli dispiacerebbe rimettere i piedi… sulla terra. «Non per l’intera stagione», puntualizza Mezzadri, «piuttosto solo per Parigi, al limite per un altro torneo. Che potrebbe essere un torneo (Roma?) prima di fare rotta sul Roland Garros re Roma». Ovvero il Masters 1000 sul rosso che gli piace di considerato che Madrid è troppo vicino al Roland Garros e si gioca in condizioni troppo diverse, prima di tutte l’altitudine, e che a Montecarlo storicamente Federer non si trova a suo agio. Nell’agosto del 2018 compirà 37 anni, la priorità sarà dunque evitare, come ha fatto negli ultimi anni, una programmazione troppo affollata e riservare le energie ai grandi appuntamenti: i quattro tornei dello Slam e il Masters. La sua stagione inizierà a Capodanno con la Hopman Cup di Perth, dove sarà a fianco di Belinda Bencic, poi ci saranno i 2.000 punti da difendere come campione in carica degli Australian Open. Prevedibilmente Federer tornerà in campo negli Stati Uniti per la “Sunshine Double” a Indian Wells e Miami, ma potrebbe decidere di fare tappa anche a Dubai: deciderà all’u timo, come è sua abitudine, tirando le fila ogni due-tre tornei dopo aver ascoltato ciò che gli dice il suo corpo e i suggerimenti del suo preparatore fisico Pierre Paganini. Poi – incrodano le dita… – Roma e Parigi, Halle e Wimbledon sull’erba, in estate uno dei due Masters 1000 nordamericani (Cincinnati o gli Open del Canada) in preparazione agli US Open, quindi la Laver Cup a fine settembre stavolta a Chicago, in autunno Shanghai, Basilea, forse Parigi-Bercy, e le Atp Finals. LA SFIDA. «Tomare numero 1? È una grande sfida, la più ambiziosa nel tennis, ma alla mia età è poco realistica», ha risposto a chi ha provato a stimolarlo sull’argomento. Al momento il distacco da Nadal è di 1040 punti: né pochi né troppi. «Ma Rafa ha già meno punti di me da difendere in Australia, e qui inizia il problema. Mettermi a inseguire il numero 1 sarebbe un errore». Senza contare che con il ritorno dagli infortuni di Djokovic, Murray, Wawrinka, Nishikori e Raonic, e l’ulteriore maturazione di Zverev la concorrenza sarà più ampia e agguerrita rispetto al 2017. In questi giorni fra l’altro Federer, dopo aver ricevuto la laurea honoris causa dall’Università di Basilea, ha rivelato di essere stato vicino a ritirarsi già nel 2004, ad appena 23 anni, dopo aver raggiunto per la prima volta il vertice del ranking. «Avevo raggiunto gli obiettivi che mi ero posto. Ci ho pensato sul serio. Se ho continuato, è perché mi sono detto che non avevo più niente da dimostrare a nessuno». Anche l’anno prossimo insomma gli obiettivi saranno gli stessi: divertirsi, restare in salute, passare più tempo in famiglia (pare che uno dei due gemelli Leo e Lenny non se la cavi male con la racchetta) e giocare alla grande i tornei che contano: lo Slam numero 20, in fondo, è alla porta.