Uno contro tutti: Federer torna sul trono a 36 anni e mezzo

Quando annuncia, a tabellone già compilato, che nonostante tutti gli sforzi non sarà in grado di partecipare agli US Open, Andy Murray non è più il primo tennista della classifica da una settimana. Il suo regno è durato 41 settimane ed è stato un lungo calvario, durante il quale lo scozzese ha pagato lo sforzo della fantastica cavalcata del 2016 insieme all’acutizzarsi del problema all’anca. Contemporaneamente, anche Djokovic ha segnato il passo e si è fermato dopo il ritiro fatto registrare a Wimbledon contro Berdych. Entrambi rientreranno, sia pur in momenti diversi, solo nel 2018.

Fermi ai box Murray e Djokovic, la scena se la sono presa Federer e Nadal. Lo svizzero ha centellinato le sue presenze in campo e nemmeno la tripletta Australian Open-Indian Wells-Miami gli ha fatto cambiare idea sull’opportunità di saltare per intero la stagione sulla terra rossa, Roland Garros compreso. Ripresentatosi a Stoccarda con un po’ di ruggine (sconfitto da Haas), Roger ha messo a segno la doppietta Halle-Wimbledon e prima degli US Open ha intravisto addirittura la possibilità di tornare al primo posto del ranking. In Canada però, pur giungendo in finale, ha accusato dolori alla schiena e quindi, saltato Cincinnati, l’opportunità è sfumata. Nadal invece non si è risparmiato e alla lunga l’ha spuntata. Sconfitto in tre occasioni dall’amico-nemico sul duro, Rafa ha fatto bottino quasi pieno sulla terra (Monte Carlo, Barcellona, Madrid e Parigi) perdendo solo con Thiem nei quarti di finale a Roma. Dopo il ko a Wimbledon con Muller, lo spagnolo è andato in America alla ricerca dei punti utili a tornare numero uno e li ha trovati, anche se probabilmente meno di quelli che sperava.
A Montreal, Nadal perde al terzo turno con il canadese Denis Shapovalov, un diciottenne mancino appena alla decima partita da professionista nel tour ma destinato a un futuro da protagonista. A causa della prematura eliminazione in Canada, il sorpasso da parte dell’iberico arriva a Cincinnati a prescindere dal risultato, in quanto il britannico retrocederà solo perdendo i punti che non potrà difendere. In ogni caso, Nadal vince due incontri e perde con Nick Kyrgios ai quarti ma tanto basta a decretare la nuova leadership, ufficializzata con la classifica del 21 agosto. Appena diventato re, il mancino di Manacor dimostra di meritare la corona conquistando gli US Open senza troppo affanno. Anche se già Taro Daniel e Leonardo Mayer gli hanno tolto un set nei primi turni, il match più spinoso per Nadal è la semifinale con Del Potro (che ha sconfitto Federer) ma anche l’argentino non va oltre il parziale d’apertura, prima di raccogliere appena cinque giochi negli altri tre. In finale, Kevin Anderson non dà mai la sensazione di poter sovvertire il pronostico e Nadal pareggia il conto degli slam stagionali con Federer: due a testa.

Dopo la parentesi di Praga con la neonata Laver Cup, nella quale Nadal gioca (e vince) il doppio insieme a Federer ma in singolare perde con Isner in due set dopo aver sofferto con Sock, il numero uno vola in Cina e coglie due finali; vittoriosa quella di Pechino con Nick Kyrgios (ma al debutto aveva dovuto annullare due match-points al francese Pouille), meno fortunata quella di Shanghai dove Federer gli riserva un trattamento simile a quello visto a Indian Wells e Miami e lo batte in due set. Tornato in Europa, Nadal scende in campo anche a Bercy e il successo al debutto contro Chung gli garantisce di chiudere la stagione al primo posto per la quarta volta in carriera. Dopo aver battuto anche Cuevas, Rafa abbandona il torneo e si presenta alle ATP Finals in condizioni fisiche non ottimali. Sconfitto da Goffin nel primo incontro del round-robin, Nadal si ritira dal Masters e chiude così mestamente la stagione che lo ha rilanciato – insieme a Federer – nel tennis di vertice.

Il duello eterno tra Nadal e Federer riprende agli Australian Open, dove lo svizzero si conferma campione (cogliendo il 20° titolo slam) battendo in finale il croato Marin Cilic, che nei quarti ha eliminato proprio lo spagnolo. Per l’ottava volta in carriera (seconda in un major) il numero uno del mondo abbandona il campo a gara in corso e in questa occasione è la gamba, ma non specificamente il ginocchio, a creargli dolore. Nadal si lamenta dei campi troppo duri e tornerà solo tre mesi dopo in Coppa Davis contro la Germania, così Federer chiede e ottiene una wild-card per l’ATP 500 di Rotterdam ben sapendo che, in caso di semifinale, tornerebbe al primo posto del ranking. Proprio nei quarti, forse anche per l’importanza della posta in palio, Roger tentenna inizialmente contro l’olandese Robin Haase lasciandogli l’unico set del torneo; poi si scioglie, mette a segno un doppio 6-1 e sa già che il lunedì successivo sarà il più anziano n°1 del mondo nella storia dell’ATP. Non pago, Federer si aggiudica il torneo regolando anche Seppi e Dimitrov.

Dunque, il 19 febbraio, a poco più di 36 anni e mezzo, Federer diventa il più anziano re del ranking ATP ma le due grosse cambiali in scadenza tra Indian Wells e Miami e la già annunciata sosta che si concederà durante i mesi della terra rossa fanno sì che la leadership sarà presumibilmente di breve durata. Infatti, sconfitto in una rocambolesca finale di Indian Wells da Juan Martin Del Potro (con tre match-points non sfruttati nel terzo set), Federer perde al debutto a Miami contro il n°175 del mondo, il promettente australiano Thanasi Kokkinakis, la cui carriera è stata fin qui caratterizzata da diversi contrattempi fisici. Il 2 aprile, dopo Miami, Nadal torna al comando e la sua successiva campagna “rossa” è del tutto simile a quella dell’anno precedente: quattro titoli (Monte Carlo, Barcellona, Roma e Roland Garros) e una sconfitta, di nuovo con Thiem, stavolta a Madrid.
Tuttavia, anche senza giocare, Federer torna leader per una settimana (dal 14 al 20 maggio) e di nuovo un mese dopo, ritoccando così il suo primato di anzianità, durante il torneo di Halle. In Germania Roger gioca i suoi ultimi incontri in carriera da primo della classe e perde in finale con Borna Coric dopo aver annullato due match-points a Paire al secondo turno. Lo svizzero suggella quindi a 310 il suo numero record di settimane in testa al ranking e ben difficilmente potrà migliorarsi in futuro.

In virtù di un algoritmo che, nella determinazione delle teste di serie, tiene conto anche dei risultati fatti registrare negli anni precedenti sull’erba, a Wimbledon Federer è il primo del seeded-player nonostante sia il numero 2 dell’ATP. Lo svizzero però si fa rimontare nei quarti da Kevin Anderson e non difende il titolo, spostando su Nadal i favori del pronostico. Lo spagnolo ha fatto erba bruciata nei primi quattro turni ma nei quarti ha dovuto rimanere sul centrale quasi cinque ore per piegare la resistenza di Del Potro al termine di una sfida bellissima. E in semifinale ritrova una vecchia conoscenza, uno che – dopo aver raggiunto il paradiso – sembrava aver smarrito la retta via: Novak Djokovic.
Allo scopo di capire il presente e il futuro, è inevitabile spiegare il passato. Il recente passato dell’uomo che solo due anni prima aveva completato il suo personale Grande Slam è iniziato da Melbourne, dopo una pausa forzata di sei mesi allo scopo di guarire da un problema al gomito. I primi sei mesi di Djokovic, sceso al n°14 del ranking, non aiutano all’ottimismo e le sconfitte al debutto con Daniel e Paire a Indian Wells e Miami, con Klizan a Barcellona, con Edmund a Madrid e soprattutto con Cecchinato nei quarti al Roland Garros, sono mazzate al morale. Tanto che, dopo Parigi, il serbo è a un passo da una nuova pausa di riflessione. Poi però cambia idea e partecipa al Queen’s, dove si spinge fino alla finale e lì perde con Cilic dopo aver sprecato match-point (è appena la terza volta che gli succede). Un’altra mazzata, ma anche la sensazione che forse qualcosa sta cambiando. E cambia rapidamente.
A Wimbledon, Novak lascia per strada un paio di set ma ritrova pezzi di fiducia ad ogni ostacolo superato. E quando arriva il più alto, è di nuovo il Djokovic freddo e spietato nei momenti chiavi della partita. Nadal non aveva mai perso una semifinale a Wimbledon ed è stato a due passi dal ripetersi, in un match sospeso per oscurità con Djokovic avanti 2-1 e continuato il giorno seguente fino al limite delle cinque ore e quindici minuti. Ma il serbo è tornato e alla fine vince lui 10-8 al quinto, ripetendosi assai più velocemente il giorno dopo con Anderson in finale. “Non ho niente da rimproverarmi” dirà lo spagnolo dopo la sconfitta. “Credo di aver fatto un’ottima partita nel complesso; così come con Del Potro, poteva finire in qualsiasi modo. Stavolta è andata male.”
Il numero uno però si sente bene e lo ribadisce a Toronto, aggiudicandosi la Rogers Cup e dilatando il suo vantaggio in classifica su Federer, assente in Canada ma finalista la settimana successiva a Cincinnati. Il 13 agosto, dopo gli Open del Canada, Nadal ha quasi 4000 punti di vantaggio sullo svizzero e sembra inavvicinabile. Probabilmente lo sarebbe, se la figura in controluce che sta uscendo dal tunnel non avesse le sembianze di un marziano tornato sulla terra dopo un lungo viaggio dentro se stesso. Nella prossima puntata, l’ultima di questa carrellata sui numeri uno del ranking ATP, arriveremo ai giorni nostri.

TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – VENTISETTESIMA PARTE

2017 NADAL, RAFAEL ISNER, JOHN 57 67 LAVER CUP H
2017 NADAL, RAFAEL FEDERER, ROGER 46 36 SHANGHAI H
2017 NADAL, RAFAEL GOFFIN, DAVID 67 76 46 MASTERS  H
2018 NADAL, RAFAEL CILIC, MARIN 63 36 76 26 02 RIT. AUSTRALIAN OPEN H
2018 FEDERER, ROGER DEL POTRO, JUAN
MARTIN
46 76 67 INDIAN WELLS H
2018 FEDERER, ROGER KOKKINAKIS, THANASI 63 36 67 INDIAN WELLS H
2018 NADAL, RAFAEL THIEM, DOMINIC 57 36 MADRID L
2018 FEDERER, ROGER CORIC, BORNA 67 63 26 HALLE G
2018 NADAL, RAFAEL DJOKOVIC, NOVAK 46 63 67 63 810 WIMBLEDON G

  1. Nastase e Newcombe
  2. Connors
  3. Borg e ancora Connors
  4. Bjorn Borg
  5. Da Borg a McEnroe
  6. Ivan Lendl
  7. McEnroe e il duello per la vetta con Lendl
  8. Le 157 settimane in vetta di Ivan Lendl
  9. Mats Wilander
  10. Lendl al tramonto e l’ultima semifinale a Wimbledon
  11. La prima volta in vetta di Edberg, Becker e Courier
  12. Sale sul trono Jim Courier
  13. Il biennio 1993-1994, da Jim Courier a Pete Sampras
  14. Agassi e Muster interrompono il dominio di Sampras
  15. La seconda parte del regno di Sampras, Rios re senza corona
  16. Moya, Rafter, Kafelnikov e Agassi nell’ultima fase del regno di Sampras
  17. Le 9 settimane di Marat Safin, le 43 di Guga Kuerten
  18. L’esplosione precoce di Lleyton Hewitt, gli ultimi fuochi di Agassi
  19. E alla fine arriva Federer
  20. 2006-07, il dominio di Federer con il ‘tarlo’ Nadal
  21. Lo storico sorpasso di Nadal su Federer nel 2008
  22. Altri due anni di duopolio Federer-Nadal
  23. Il duopolio è spezzato, Djokovic irrompe sulla scena
  24. Dal 2012 al 2014, Federer, Nadal e Djokovic si passano il trono
  25. Djokovic pigliatutto. Riconquista il trono e sfata il tabù Roland Garros
  26. Nel 2016, l’ascesa al trono di Sir Andrew Barron Murray