LEMON BOWL HIT PARADE

Di seguito una breve carrellata sui giovani giocatori che più mi hanno colpito in questa 28esima edizione del Lemon Bowl, con l’avviso che ho potuto seguire solo pochi incontri e che quindi molti ragazzi, meritevoli di di citazione, ci sono sicuramente sfuggiti. Me ne scuo in anticipo.

10. Ena Kajevic. Potente croata vincitrice dell’under 16, da qualche tempo seguita dall’ex Davis Man Stefano Pescosolido nell’Accademia di Max Giusti, presso il Circolo Villa Pamphili. Fondamentali potenti e puliti, buona mano, un filo macchinosa negli spostamenti. Pare che possa prendere la cittadinanza italiana. Sarebbe un eccellente acquisto.

9. Riccardo Perin. Napoletano, vincitore dell’under 12, dopo che due anni fa si era aggiudicato anche l’under 10. Tennista tutto sostanza, non molto appariscente, non è uno di quelli che ti fermi a guardare a bocca aperta se passi vicino al suo campo. Però conosce benissimo la misteriosa arte di vincere i match. E se migliora il diritto, può davvero fare strada.

8. Giulia Peoni. Toscanina di Massa, vincitrice dell’under 12. Intelligente mancina dal gioco geometrico e regolare, con un diritto arrotato e pesante e un rovescio bimane piatto e penetrante. La sua specialità sono gli angoli stretti: se le dai il tempo di organizzare le sue trame, ti fa fare i chilometri.

7. Francesco Bessire. Romano, allenato dal Tecnico Izzo presso l’Accademia Tennis di Agnano. Vincitore del’under 18. Lo vedi, e pensi: oh, eccone uno con il fisico da tennista vero. Alto, longilineo, potente e veloce. Un servizio bellissimo, un diritto pesante, buone trame di gioco, insospettabilmente bravo anche in difesa, nonostante la statura. E una classifica nazionale (2.8) che in nessun modo ne riflette il valore. Seguitelo, perché potrebbe essere la sorpresa italiana della stagione fra gli under 18.

6. Lisa Piccinetti da Piancastagnaio (Lucca), semifinalista nell’under 12. Tecnica, velocità e potenza. Ha dato vita ad un furibondo, sentitissimo derby toscano con la massese Peoni, secondo molti una finale anticipata. Gran trasferimento di peso sulla palla, splendida fluidità di esecuzione. Quando va in forcing, con entrambi i fondamentali, sembra una tennista dell’est.

5. Riccardo Balzerani da Rieti, vincitore dell’under 14. Piedi veloci, reattività , timing perfetto, rovescio bimane naturale, telecomandato. Sui campi sintetici dell’Eschilo 2, dove si giocava l’under 14, in omaggio al Progetto Campi Veloci della FIT, questo piccolo Davydenko del Terminillo grazie al suo inesorabile anticipo e al suo pressing forsennato ha lasciato le briciole agli avversari. Mettendo qualche chilo, e aggiungendo qualche segmento di spinta in più sul servizio, potrà giocarsela con tutti, nei Tennis Europe di categoria sul veloce.

4. Lorenzo Musetti da La Spezia, vincitore dell’under 10. Di tutti i 1936 iscritti al torneo, è senza dubbio quello che ha giocato il maggior numero di rovesci in back. Giocatore classico, tecnica cristallina, rovescio magnifico ad una mano (esiste ancora qualcuno che lo insegna, per fortuna). Molto bella la sua vittoria in semifinale contro Flavio Cobolli, talentuoso figlio dell’ex pro Stefano.

3. Marco Furlanetto da Massa, quartofinalista nell’under 12. Unico 2001 in gara, ha destato un’eccellente impressione per completezza tecnica, grinta e innate qualità tattiche. Un autentico computerino con la racchetta, che sceglie sempre la palla giusta, la soluzione giusta, la traiettoria giusta, in tutte le circostanze. E uno spirito guerriero indomito, che se ben canalizzato potrà portarlo lontano.

2. Elisabetta Cocciaretto, da Porto San Giorgio, semifinalista nell’under 12, dopo che lo scorso anno aveva dominato l’under 10. I piedi più veloci del torneo, appoggi perfetti, braccio rapidissimo, mente sveglia e una velocità di palla che ad undici anni si vede raramente. Ha gareggiato alla pari con ragazze di un anno più grandi, e sul piano del gioco nessuna è riuscita a metterla sotto.

1. Gian Marco Moroni, da Roma, vincitore dell’under 16 senza avere ancora compiuto 14 anni. Capelli lisci, a caschetto, al Parioli lo chiamano “Jimbo”, data la vaga somiglianza con il grande Connors. Ma lui è destro, è grande e grosso, e quando ha i piedi fermi fa i buchi per terra sia con il diritto che con il rovescio, aiutato da un fisico già massiccio, da torello. Se lavorerà bene sul piano atletico, su rapidità e reattività , questo giovane picchiatore può far impazzire tutta Roma, e non solo.

Infine, qualche considerazione sul senso di queste competizioni giovanili. I risultati, a queste età , vanno presi con le molle. L’attività agonistica è solo uno dei mezzi per crescere e migliorarsi, e deve servire soprattutto per verificare la qualità del lavoro svolto. La vittoria non deve mai diventare il fine a tutti costi, l’obiettivo di breve respiro a cui sacrificare il lavoro da fare in prospettiva.
Le storie dei ragazzi che hanno avuto successo dimostrano che si, da bimbi è importante stare fra i migliori, ma più importante è il lavoro che viene svolto, giorno dopo giorno, per aggiungere, pezzo dopo pezzo, con certosina e faticosa pazienza, quel qualcosa in più al bagaglio tecnico, tattico, fisico e mentale dei giovani. Per poterli portare, un giorno, a vincere quando conterà davvero: nel circuito professionistico.

A tutti questi ragazzi, e ai loro staff, un sentito buon lavoro e un grande in bocca al lupo.