WIMBLEDON: IL TORNEO DELLE SORPRESE. LE METEORE LEWIS E WASHINGTON

Il torneo delle sorprese. Anche questo fa parte del fascino di Wimbledon: oltre alle fragole con la panna, ai prati verdi dell’All England Club, al palco reale sul Centre Court, al bianco della tenuta da gioco che non è una scelta ma un obbligo, ai tabelloni sui campi secondari che non sono elettronici ma manuali. Mercoledì scorso Marat Safin, genio e sregolatezza tutta russa, aveva “asfaltato” un certo Novak Djokovic, futuro numero uno del mondo. Ieri giornata piena: prima la sconosciuta russa Alla Kudryavtseva, numero 154 del ranking, fa accomodare alla porta la più bella del reame, in arte Maria Sharapova la bizzosa, l’altezzosa, la bionda di ghiaccio campionessa sull’erba londinese nel 2004. Poi Rino Gattuso Tipsarevic (i due si somigliano come due gocce d’acqua) mette ko il “bombardiere” del Nebraska, al secolo Andy Roddick, due finali ai Championships: all’americano non sono bastati 27 aces per aver ragione del grintoso serbo di Belgrado. Nei giorni scorsi hanno salutato Wimbledon anche Nikolay Davydenko (numero 4 del seeding) e David Nalbandian (numero 7 e finalista nel 2002). Sorprese è vero, ma anche tradizione confermata. Sull’erba, superficie sulla quale si gioca pochissimo, spesso vengono fuori risultati inimmaginabili su altre superficie. Senza andare troppo lontano nel tempo c’era un certo Alexader Popp (tedesco, oggi ha 32 anni e non gioca più da tre), che all’inizio del Duemila in quattro partecipazioni ai Championships ha collezionato un ottavo e due quarti. In pratica vinceva qualche match solo sull’erba londinese. Oppure la finale del 1996: Richard Kraijcek contro la meteora MaliVai Washington. Vinse l’olandese (ottimo sull’erba), che riuscì a battere Pete Sampras nei quarti. Washington fu bravo ma soprattutto fortunato: nei quarti superò Alex Radulescu, in semifinale Todd Martin. Una meteora, appunto. Come l’avversario di John McEnroe nella finale del 1983, il neozelandese Chris Lewis, mai più visto a quei livelli.