COME 30 ANNI FA IN UNGHERIA

Corsi e ricorsi storici? Come non crederci? Quanto è accaduto oggi al PalaVesuvio di Napoli era già successo trent’anni fa, paro paro, a Budapest. Stessa, identica storia. L’Italia vinse la Coppa Davis nel 1976 in Cile, poi fece la finale nel 1977 in Australia e l’anno dopo perse al primo turno con l’Ungheria, una squadretta di cui faceva parte l’ormai celeberrimo “cameriere” Peter Szoke. Stavolta è toccato alle donne in Fed Cup, equivalente femminile della Davis: campionesse nel 2006 in Belgio, finaliste nel 2007 in Russia e un anno dopo sconfitte al primo turno dalla Spagna, una squadretta di cui fa parte una giocatrice come la Llagostena Vives, numero 136 del mondo.
Se tanto mi dà tanto, dobbiamo concluderne che il ciclo delle nostra meravigliosa squadra azzurra non si è concluso con questa inattesa bastonata. Dopo Budapest, infatti, il quartetto di Coppa Davis si issò ad altre due finali consecutive, nel ’79 a San Francisco e nell’80 a Praga. Tanto più che l’unica vera differenza fra l’oggi e lo ieri riguarda il parco giocatori: negli anni ’70 Barazzutti, Bertolucci, Panatta e Zugarelli erano tutto quel che di buono il tennis italiano era in grado di schierare mentre ora di squadroni ne abbiamo due: a quello impegnato qui a Napoli potremmo affiancarne un altro composto dalle campionesse del mondo Santangelo e Vinci (attualmente infortunate), dalla Top 50 Karin Knapp e da Maria Elena Camerin.
Restano l’amarezza per una sconfitta davvero inattesa e lo sconcerto per come è maturata, cioè in casa, su una superficie scelta dalle nostre giocatrici e contro avversarie di livello globalmente inferiore. Le nostre stelle Francesca Schiavone e Flavia Pennetta hanno fatto 10 games in due contro la numero 1 spagnola, Anabel Medina Garrigues. La sensazione, insomma, è che questo match le nostre lo avessero perduto prima di giocarlo, schiacciate dall’insostenibile peso della propria grandezza. E forse non fu solo per il gusto della battuta che Francesca, a chiusura delle conferenza stampa di venerdì dopo il sorteggio, chiese ai giornalisti presenti: “Ma che cosa scrivereste se dovessimo perdere?”. Domani avrà la risposta. E magari leggere i giornali le farà pure del bene, perché, come dice Kipling, le servirà a capire una volta per tutte che vittoria e sconfitta sono due imbroglione.