NADAL, KUZNETSOVA E GLI ETERNI SECONDI…

Un giorno Alexander Nikolic, il coach che rese grande Varese nel basket, disse: “Sveglia ragazzi, nessuno ricorda i secondi”. Ma non è vero. Nadal è numero due della classifica mondiale dietro Federer da due anni e mezzo, per la precisione dal 25 luglio 2005. Mai nessuno lo è stato così a lungo nella storia del tennis open. Rafa domina da tre stagioni sulla terra rossa (dal 2005 vince di fila Montecarlo, Roma e Parigi) ma è vulnerabile sul cemento e di sorpassare Federer non se ne parla. Eppure piace più di Roger. Lo svizzero è rispettato e temuto, il mancino spagnolo è amato per la sua spontaneità. Tra le donne attualmente la numero due dietro la predestinata Justine Henin è Svetlana Kuznetsova: sei finali disputate nel 2007 e un solo titolo vinto a New Haven (poca roba) per ritiro dell’avversaria. Nel 2004, quando aveva solo 19 anni, la russa trionfò a sorpresa agli US Open. Da allora Svetlana ha collezionato altre due finali di Slam senza però bissare quel successo. Seconda dietro la talentuosa Henin nel ranking Wta e seconda dietro la connazionale Maria Sharapova per popolarità.
Il tennis offre altri esempi di secondi per vocazione. Gottfried Alexander Walter Kurt von Kramm era alto, bello, biondo e apparteneva all’antica nobiltà tedesca: ebbe la sventura di doversi misurare negli anni Trenta con avversari come Fred Perry e Donald Budge. Per tre anni consecutivi fu finalista a Wimbledon perdendo incontri indimenticabili contro l’inglese Perry nel 1935 e nel 1936. L’anno seguente perse in finale contro lo statunitense Budge sia a Wimbledon che agli US Open. Nel 1935 fu sconfitto in finale al Roland Garros ancora da Perry ma si prese la rivincita l’anno dopo battendo il britannico e vincendo il suo secondo titolo parigino dopo quello del 1934. Giusto per non smentire la sua fama di magnifico perdente von Cramm fu protagonista nel 1937 in Coppa Davis di un’incredibile sfida con Budge: il tedesco conduceva 4-1 nel quinto e decisivo set ma finì col perdere 8-6 al termine di un match considerato come uno dei più belli della storia del tennis. Budge poi raccontò che von Cramm aveva ricevuto una telefonata da Hitler prima del match ed era impallidito. Negli anni Settanta l’estroverso Gerulaitis perse 16 volte su 16 con Bjorn Borg. Con il suo proverbiale senso dell’humour l’indimenticabile Vitas se la cavò dicendo: “Deve ancora nascere l’uomo capace di battermi per 17 volte di fila…”. E’ andata appena meglio a Roddick che in 16 sfide ha battuto solo una volta Federer (Roger si è imposto nelle ultime 11 sfide). Andy ne sta facendo una malattia… Goran Ivanisevic, altro ex numero due storico dietro l’inarrivabile Sampras, prima di coronare il suo sogno di vincere a Wimbledon perse tre finali (due con Pete Sampras, una con Andre Agassi). Quando nel 2001 conquistò il titolo ai Championships battendo Pat Rafter tutto il mondo (australiani a parte) faceva il tifo per Goran, magnifico mix di talento e follia applicato al tennis: era entrato in tabellone grazie ad una wild card. Nell’agosto 2003 la Clijsters, sempre o quasi un passo dietro la connazionale Henin, salì in vetta alla classifica mondiale: la prima ed unica numero uno a non aver mai vinto uno Slam. La belga si prese la sua bella rivincita nel 2005 trionfando agli US Open, ma quello resta il suo unico successo in uno Slam dopo quattro finali perse.
Il secondo per definizione resta però Raymond Poulidor, ciclista francese che trovò sulla sua strada prima Anquetil e poi Merckx. Risultato: in bacheca vanta una Sanremo, ma anche otto podii al Tour de France senza mai un giorno in maglia gialla. Lo sconfitto più amato dalla gente. Non scherza neppure il nostro Tano Belloni: negli anni Venti vinse un Giro, tre Lombardia e due Sanremo. Tutti però lo ricordano come il secondo per definizione visto che davanti aveva un certo Costante Girardengo. Non male anche Jan Ullrich: vinse quasi da esordiente un Tour nel 1997, poi cinque volte secondo (una dietro Pantani) sbattendo in pieno nell’era Armstrong. E che dire di Claudio Chiappucci, eroe sfortunato degli anni Novanta: sul podio tre volte al Giro d’Italia e al Tour, secondo al Lombardia nel 1992 e 1994 e al mondiale sempre nel 1994. Amatissimo il pilota inglese di Formula Uno Stirling Moss: 4 volte secondo senza mai vincere un mondiale. Oppure Jean Alesi, che conquistò il primo successo in una gara dopo aver collezionato 16 secondi posti. Nell’atletica due sprinter, il namibiano Frank Fredericks e la giamaicana Marlene Ottey, hanno in bacheca rispettivamente 7 e 13 medaglie d’argento fra Olimpiadi e Mondiali ma neppure un oro. L’americana Shirley Babashoff ha fatto la storia del nuoto eppure non ha mai conquistato ori olimpici individuali. Detiene però il record di argenti: 7 tra il 1972 e il 1976 con due soli ori ma nelle staffette. Lo stesso destino di un’altra delle regine del nuoto mondiale, l’affascinante tedesca Franziska van Almsick. Protagonista ai mondiali ma zero ori ai Giochi: tra il 1992 e il 2004 ha collezionato dieci medaglie, quattro d’argento e sei di bronzo.
Esempi di splendidi secondi ci sono negli sport di squadra. Su tutti la grande Olanda del calcio totale di Joahn Crujff guidata da Rinus Michels: due finali contro i padroni di casa ai Mondiali (Germania 1974 e Argentina 1978) entrambe perse ma incantando per il gioco. Stesso destino della grande Ungheria: due finali mondiali perse (1938 e 1954) tra gli applausi. Sempre nel calcio si è fatto la fama di eterno secondo un certo Hector Cooper. Da allenatore dell’Inter si è visto sfilare via dalla Juventus un incredibile scudetto franando a Roma contro la Lazio il 5 maggio 2002: una data che gli interisti ricordano come un incubo. Il buon Hector prima aveva perso due finali di coppa sulle panchine di Maiorca e Valencia. Vincere è importante ma non è tutto. Piacciono i primi ma amiamo i secondi, quelli che lottano fino all’ultimo istante. Come Nadal. E poi non è detto che prima o poi Rafa non scavalchi il suo rivale Federer al quale da un paio di anni nega la gioia del Grande Slam battendolo a Parigi. Djokovic permettendo…