BUON COMPLEANNO, DAVIS!
Oggi ricorre il trentunesimo anniversario della conquista della Coppa Davis da parte dell’Italia e mi sembra giusto celebrarla non con i miei ricordi personali, oltretutto un po’ appannati, ma usando le parole di un giornale dell’epoca, la “Gazzetta dello Sport”, scritte da uno dei mostri sacri del giornalismo specializzato, Rino Tommasi.
Quale miglior maniera di rievocare l’irripetuto entusiasmo di quelle ore che riviverle attraverso la prosa del grande Rino?
Ecco dunque quelle parole, riportate esattamente come campeggiano nel mio ufficio, sulla parete alle mie spalle, riprodotte dalla gigantografia della prima pagina della “rosea” del 19 dicembre 1976. Peccato che il pezzo girasse alla pagina numero 3 e che, dunque, non ci è possibile riproporvelo integralmente, ma penso che la lettura di questo lungo “cappello” sarà sufficiente a trasmettervi la forza della partecipazione emotiva di Tommasi a quello storico evento.
“Con un secco tre a zero inflitto al Cile ad opera del doppio (Panatta-Bertolucci hanno vinto rimontando in quattro set ), l’Italia entra, con pieno merito, nel prestigioso libro d’oro della Coppa Davis. E’ un privilegio che per 73 anni e per 62 edizioni era toccato soltanto a quattro paesi: l’Australia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia.
Negli ultimi due anni si sono infine inserite Sud Africa e Svezia. Quanto fosse considerato tale è provato dal fatto che queste nazioni hanno sempre goduto, a livello di federazione internazionale, notevole vantaggi, non ultimo quello di un maggior numero di voti.
Lo stesso ”Grande Slam” raccoglie tutt’ora, indipendentemente dai grossi cambiamenti avvenuti anche in campo organizzativo, i tornei dei “ quattro grandi”, vale a dire i Campionati d’Australia, il Roland Garros, Wimbledon e Forest Hills. Il mondo del tennis, così sensibile alla tradizione, ha dunque affidato una precisa gerarchia al risultato della sua competizione più importante e più rappresentativa e non l’ha tradita nemmeno quando certi valori tennistici (come il caso della Francia e della Gran Bretagna) non sono stati più rispettati.
Nel 1974 la Davis ha cambiato corso. L’hanno vinta prima i sudafricani, poi gli svedesi, ed ora gli italiani. Per quanto sia impossibile inquadrare storicamente questa variante, torna difficile considerarla occasionale.
Peraltro corre l’obbligo di verificare alcune differenze che sono alla base dei successi che hanno turbato la tradizione “quadrangolare” della Davis. Vediamo così che il successo del Sud Africa è legato a ragioni politiche che hanno impedito – per la prima ed unica volta nella storia della competizione – lo svolgimento della finale; che il successo della Svezia è stato quello di un solo giocatore – Bjorn Borg – in contraddizione tecnica con il significato di una gara a squadre; invece il successo dell’Italia è stato otte-
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