E IO NON PAGO!…

Da qualche tempo a questa parte la FIT sta cogliendo una serie di significativi successi giudiziari nei confronti di molti esponenti di quello che qui talvolta ci divertiamo a chiamare “ancien régime”. Si tratta di un argomento molto importante per il mondo federale e per questo ce ne occuperemo diffusamente nei prossimi numeri della rivista “SuperTennis”. Si tratta anche, però, di argomenti di ridotto interesse per i semplici fan di tennis, dunque non vi annoierò raccontandoveli su questo blog.
Una di tali vicende giudiziarie riguarda però un personaggio molto conosciuto e che oggi occupa un’importante carica pubblica. E poiché trae origine da azioni che egli commise nella sua veste di direttore degli Internazionali d’Italia penso che raccontarla sia non solo giusto e illuminante ma anche divertente. Aiuterà gli appassionati a capire certe situazioni. Pensate soltanto al fatto che il personaggio in questione è Direttore Editoriale di un quindicinale di tennis…
Come si ricorderà, nel 2002 la FIT risolse unilateralmente il contratto di consulenza di Adriano Panatta per le ripetute violazioni ai suoi obblighi da lui operate nell’ambito dell’attività di direttore degli Internazionali d’Italia. Panatta si oppose, facendo ricorso allo strumento previsto dal contratto per la composizione delle vertenze: l’arbitrato. E il Collegio Arbitrale diede ragione alla FIT, decretando la legittimità dell’allontanamento di Panatta e sviscerando i fatti che lo avevano provocato, e pose giustamente a carico dell’ex giocatore il pagamento della metà delle spese relative all’arbitrato stesso.
Successivamente, dopo essere stato squalificato dalla giustizia sportiva della FIT sia in primo che secondo grado per aver commesso, da tesserato e da dirigente, gravissime violazioni alle norme disciplinari, Panatta fece ricorso a un nuovo arbitrato, quello davanti alla Camera di Conciliazione del CONI, nel tentativo di farsi riabilitare. Anche in questo caso perse e, oltre a veder confermata la pena a 5 anni di squalifica, fu condannato a pagare le spese relative al procedimento arbitrale e le spese legali sostenute dalla FIT.
Orbene: da allora, e sono passati molti anni, Panatta non ha mai ottemperato al duplice obbligo di pagare, talché la FIT – coobligata in solido, secondo una regola civilistica di garanzia per chi svolge funzioni delicate come quella di “giudice privato” – si è dovuta far carico di saldare gli onorari dovuti agli arbitri dell’uno e dell’altro lodo.
Il che ha costretto la FIT a chiedere all’autorità giudiziaria l’emissione di due decreti ingiuntivi per recuperare coattivamente quanto versato per conto di Panatta. Decreti ingiuntivi emessi di recente. Non stiamo parlando di milioni, intendiamoci, ma di qualche decina di migliaia di euro. “Stavolta avrà pagato, finalmente”, direte voi…
No! Manco per niente! Perché l’ex giocatore, oggi Assessore allo Sport della Provincia di Roma, ha avuto il coraggio di fare opposizione contro le ingiunzioni sostenendo che tanto gli arbitri del lodo civilistico quanto quelli del lodo CONI avevano provveduto ad un’auto-liquidazione dei compensi che aveva il mero valore di proposta contrattuale e che siccome non aveva mai espressamente accettato tali proposte nulla si poteva pretendere da lui. Al di là di ogni considerazione tecnico-giuridica, è incredibile come si possa sostenere una tesi del genere quando in tutto questo tempo (sono passati quasi tre anni dal lodo civilistico e un po’ meno di due da quello CONI), nonostante i molteplici solleciti a pagare ricevuti con lettere e comunicazioni e rimasti del tutto inevasi, Panatta non si è mai degnato di rispondere una sola riga e soprattutto mai ha fatto sapere che non accettava l’auto-liquidazione dei compensi proposta dagli arbitri. Semplicemente, non ha pagato e non ha risposto alcunché.
A ciò si aggiunga che, prima che intervenissero i due lodi che hanno dato torto all’ex giocatore, quest’ultimo aveva regolarmente corrisposto agli arbitri gli “acconti” che gli stessi avevano richiesto e che si ispiravano alla stessa logica che ha portato alla determinazione dei “saldi” non pagati: come a dire che finché il giudizio è in piedi Panatta reputa adeguate le richieste di onorari fatte dagli arbitri, quando perde non paga più. E ora, raggiunto da un provvedimento giudiziario (quale è il decreto ingiuntivo), egli si inventa a tavolino la tesi che lui (senza indicare neppure, chessò, quale sarebbe stata la “giusta” auto-liquidazione che sarebbe stato disponibile a versare) non ha mai accettato la proposta degli arbitri e che perciò non è tenuto a pagare.
E sì che da un uomo di sport, perdipiù investito di un ruolo importante nell’amministrazione della cosa pubblica, sarebbe lecito aspettarsi un comportamento più rispettoso delle istituzioni e dei valori etici basilari sui quali si fonda il vivere civile.