Uno contro tutti: Lendl al tramonto e l’ultima semifinale a Wimbledon

Archiviata la breve parentesi di Wilander, la cui conquista del trono mondiale è vissuta nell’esaltazione della rincorsa molto più che nel periodo trascorso da regnante, il 30 gennaio 1989 Ivan Lendl si riprende lo scettro e lo terrà per altre 80 settimane. Reduce dal successo tutto sommato agevole in quel di Melbourne (dove non ha dovuto affrontare nemmeno un top 10 per alzare il trofeo), Ivan si prende un periodo di riposo e torna a Dallas per le WCT Finals dove però incappa in un ritrovato John McEnroe che lo ferma in semifinale. Mac non è più super come nel 1984 ma ha ritrovato la voglia di misurarsi agli alti livelli e si prende la soddisfazione di tornare a battere il grande rivale dopo quasi quattro anni di astinenza; la sfida numero 30 rimette il bilancio in parità (15-15) ma per lo statunitense non ci saranno ulteriori repliche nelle ultime sei sfide dirette. 

Dal canto suo, il n°1 è in gran spolvero e, fino al Roland Garros, perderà solo la finale di Tokyo con Edberg. Nel frattempo Ivan incamera Scottsdale, Key Biscayne (dove un ubriaco alla guida di un auto mette fuori uso Thomas Muster, che avrebbe dovuto affrontarlo in finale), Forest Hills e Amburgo e si presenta a Parigi da grande favorito. Nello stesso teatro in cui aveva rotto l’incantesimo vincendo la sua prima finale slam, Lendl scrive un altro capitolo della storia del tennis ma questa volta si trova dall’altra parte della rete. Ad eliminarlo dal torneo, negli ottavi di finale, c’è un ragazzino che diventerà il più giovane in assoluto a conquistare uno slam: Michael Chang. Lo statunitense di Hoboken recupera due set al re del mondo e per farlo ricorre ad ogni mezzo lecito, compreso servire da sotto: 4-6 4-6 6-3 6-3 6-3 è lo score di un incontro che non vale nemmeno la pena ricordare, tanto è famoso.

Lendl, contrariato, non si dà pace per le bizzarrie del “cinesino” che arriva anche a posizionarsi in risposta con i piedi sulla linea del servizio per falsare le prospettive all’ex-cecoslovacco e costringerlo all’errore. Chang vincerà il torneo mentre Ivan si concentrerà subito sull’erba, dalla quale riceverà la soddisfazione della vittoria al Queen’s e l’ennesima delusione a Wimbledon, battuto in semifinale da Becker.

Eclissatosi McEnroe, i nuovi antagonisti del numero 1 sono diventati lo stesso Becker e lo svedese Edberg, una doppia rivalità permeata di equilibrio (come dimostra il doppio bilancio negli head-to-head a fine carriera: 11-10 con Boris, 13-14 con Stefan) e che nella stagione in oggetto vede lo statunitense d’adozione in una certa difficoltà. Infatti, dopo Wimbledon, è ancora Becker a infliggergli la delusione più cocente battendolo in quattro set nella finale degli US Open. Di nuovo, è il contrasto di stili ad alzare la qualità dello spettacolo in queste sfide; pur non disdegnando di trovare il punto da fondo, Becker cerca con maggiore frequenza la rete e la chiave del match diventano i due tie-break che lo aprono e lo chiudono, entrambi conquistati dal tedesco che si impone 7-6 1-6 6-3 7-6.

Lendl, che non batte il n°2 del ranking da quasi quattro anni, inizia l’ultima parte della stagione tornando sulla terra ma a Barcellona viene fermato in semifinale da Andres Gomez. Il mancino ecuadoriano attendeva questa giornata da oltre otto anni e ben quattordici incontri, ovvero tutti quelli intercorsi dalla sua unica vittoria su Lendl, conseguita a Washington nel 1981. Poi, come detto, solo qualche set fino al rocambolesco 1-6 7-6 9-7 che decreta anche l’unico successo di Andres contro un n°1 in carriera (a fronte di ben nove sconfitte). Vincitore di due edizioni degli Internazionali d’Italia (1982 e 1984) e più in generale di sedici titoli ATP, Gomez è appena n°30 del mondo quando ottiene questo risultato ma è già stato a lungo top 10 nel corso di una carriera che pare avviata verso un dignitoso tramonto. Invece, come vedremo più avanti, il bello arriverà inatteso quanto meritato nella tarda primavera del 1990.

Ma restiamo su Lendl, che rimedia subito al mezzo passo falso catalano infilando tre tornei consecutivi su altrettante superfici (la terra di Bordeaux, il duro di Sydney e il sintetico di Stoccolma) e si presenta al Masters, l’ultimo che si disputa nella gloriosa sede del Madison Square Garden di New York, con i favori del pronostico. Anche perché, nel torneo dei maestri, Lendl è alla decima partecipazione consecutiva e nelle nove precedenti ha sempre raggiunto la finale, vincendone cinque. Ivan supera in scioltezza il round robin lasciando appena 14 giochi ai tre statunitensi affrontati (Chang, Krickstein e McEnroe) senza perdere mai il servizio e, prima della semifinale con Edberg, la commentatrice ed ex-tennista Mary Carillo ammette che una vittoria dello svedese sarebbe una sorpresa. Lendl arriva a questo match con un bilancio in carriera sul tappeto sintetico di 209 vinte e 32 perse ma Edberg lo tiene in costante apprensione con la battuta e gioca meglio i punti importanti che decretano il 7-6 7-5 in favore dello scandinavo, che il giorno dopo batterà Becker conquistando il suo primo (e unico) Masters.

Ivan Lendl e Stefan Edberg

Nonostante la sconfitta, Lendl chiude al primo posto la stagione (è la quarta per lui, dopo il triennio 1985-1987) e nel 1990 è ancora l’uomo da battere. Con il preciso obiettivo di colmare la sua unica grande lacuna – ovvero Wimbledon – il n°1 del mondo predilige i campi rapidi e salta di netto l’intera stagione primaverile sulla terra battuta. Nella sua marcia di avvicinamento al grande evento, Lendl parte conquistando gli Australian Open (dove uno sfortunato Edberg è costretto al ritiro a metà di una finale fin lì equilibrata) dopo aver perso nei quarti a Sydney da Noah. Appena una settimana di sosta e il tour-de-force del numero 1 prevede tre tornei indoor consecutivi di qua e di là dall’Atlantico; vince a Milano e Toronto e perde in finale (doppio 6-2) a Stoccarda con Becker. 

Il passaggio sul cemento riserva a Lendl due battute d’arresto inattese. Nell’ATP Championships Series (è questa la nuova denominazione dei nove tornei che stanno un gradino sotto gli slam) di Key Biscayne, Ivan perde negli ottavi con Emilio Sanchez mentre a Tokyo a fermarlo – stavolta in semifinale – è Aaron Krickstein. Prodotto della scuola di Bollettieri, lo statunitense di Ann Arbor – Michigan – ad inizio carriera ha battuto alcuni record di precocità; a 16 anni, due mesi e 13 giorni diventa il più giovane vincitore di un titolo ATP (a Tel Aviv, nel 1983) e due giorni dopo è anche il più precoce top 100 della storia, così come lo sarà per la top 10, conquistata subito dopo i 17 anni nell’agosto 1984. Quando batte Lendl, Aaron è il settimo tennista del ranking ma ha già dovuto fare i conti con diversi infortuni che ne hanno limitato il rendimento. Nonostante ciò, quando c’è da lottare Krickstein è un osso duro (chiuderà la carriera con un record di 29-8 al quinto set) e in Giappone si qualifica per la finale battendo per l’unica volta in carriera un n°1 mondiale con lo score di 6-3 5-7 6-4.

Ma Lendl, l’abbiamo detto, ragiona solo in prospettiva di Wimbledon e si prende due mesi di pausa per prepararsi al meglio sull’erba. La sosta sembra avergli fatto bene tanto che, chiamato a difendere il titolo conquistato l’anno precedente, al Queen’s Ivan è intrattabile e torna a battere Boris Becker dopo quasi due anni; succede in finale e lo score (6-3 6-2) incoraggia il leader del ranking, anche perché in precedenza sull’erba aveva sempre perso (0-3) con il tedesco. Ancora una volta, però, le certezze del Queen’s diventano dubbi a Wimbledon, dove Lendl approda in semifinale balbettando contro avversari non di primissimo livello (Miniussi, Antonitsch, Shelton e Brad Pearce) per poi offrirsi in sacrificio a uno splendido Stefan Edberg, che lo batte 6-1 7-6 6-3 senza attenuanti.

Finisce qui, di fatto, il lungo regno di Ivan Lendl, iniziato il 28 febbraio 1983. Amareggiato dall’esito della sua undicesima campagna di Wimbledon, Lendl tornerà in campo solo a New Haven nella stessa settimana in cui il computer dell’ATP l’ha declassato al secondo posto: è il 13 agosto e l’ultima soddisfazione gli arriva dal totale delle settimane trascorse in vetta, esattamente 270, ovvero due in più di chi deteneva il record precedente, Jimmy Connors. In tutto questo tempo, Lendl ha giocato 410 incontri (366-44) in 86 tornei, di cui 35 vinti. Pur avendo avuto alle spalle per tanto tempo Boris Becker, non sarà il tedesco a raccogliere la sua eredità bensì… Questo lo scopriremo nella prossima puntata.        

TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – DECIMA PARTE

ANNO NUMERO 1 AVVERSARIO SCORE TORNEO SUP.
1989 LENDL, IVAN McENROE, JOHN 76 67 26 57 DALLAS WCT S
1989 LENDL, IVAN EDBERG, STEFAN 36 62 46 TOKYO H
1989 LENDL, IVAN CHANG, MICHAEL 64 64 36 36 36 ROLAND GARROS C
1989 LENDL, IVAN BECKER, BORIS 57 76 62 46 36 WIMBLEDON G
1989 LENDL, IVAN BECKER, BORIS 67 61 36 67 US OPEN H
1989 LENDL, IVAN GOMEZ, ANDRES 61 67 79 BARCELLONA C
1989 LENDL, IVAN EDBERG, STEFAN 67 57 MASTERS S
1990 LENDL, IVAN NOAH, YANNICK 16 46 SYDNEY H
1990 LENDL, IVAN BECKER, BORIS 26 26 STOCCARDA INDOOR S
1990 LENDL, IVAN SANCHEZ, EMILIO 36 76 46 MIAMI H
1990 LENDL, IVAN KRICKSTEIN, AARON 36 75 46 TOKYO H
1990 LENDL, IVAN EDBERG, STEFAN 16 67 36 WIMBLEDON G

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