GASQUET, TALENTO SOPRAVVALUTATO?

La sonora batosta rimediata ieri al Masters Series di Madrid dal suo coetaneo Rafael Nadal (un netto 64 62 in nemmeno un’ora e mezza di gioco) ha crudelmente dimostrato, ancora una volta, la scarsa competitività di Richard Gasquet ad altissimi livelli. Non si è mai avuta l’impressione, nemmeno per un attimo, che il francese potesse vincere.
Il risultato non ha destato particolari sorprese. Il 22enne talento francese è unanimemente considerato, fra gli appassionati e gli addetti ai lavori, il grande incompiuto del tennis contemporaneo. Richard, attuale n. 14 del mondo, negli ultimi 2 anni è stato anche parecchio tempo fra i primi 10, si è aggiudicato 5 titoli Atp, ma non è mai andato oltre la settima posizione assoluta del ranking e soprattutto, nei tornei dello Slam, con l’eccezione della semifinale raggiunta a Wimbledon nel 2007 (sconfitto in 3 set da Federer) non ha mai varcato la soglia degli ottavi di finale. Quest’anno, contro i top 10 ha giocato 7 volte, con un bilancio di una vittoria (contro Ferrer) e 6 sconfitte.
Un po’ poco per uno che da ragazzino era considerato un sicuro n. 1 ed aveva suscitato attese messianiche (al punto di essere sbattuto in prima pagina sull’Equipe a 12 anni). Un magro bottino per un talento così cristallino, per un giocatore capace di esecuzioni regali, in grado di sciorinare colpi di ineguagliabile bellezza e dal bagaglio tecnico di incredibile completezza.
La diagnosi, sulla bocca di tutti, è chiara: genio e sregolatezza, talento e fragilità psicologica, classe unita a scarsa capacità di gestire la pressione. E’ certamente vero, per carità. Ma c’è anche dell’altro.
Gasquet è un giocatore fortemente atipico, nel tennis moderno. E la sua naturale atipicità è la principale ragione della sua incompiutezza, più ancora della sua vulnerabilità nervosa.
Dietro gli insuccessi del talento francese, insomma, ci sono anche ragioni squisitamente tecniche. A guardar bene, il ragazzo non ha lacune solo nella componente che gli anglosassoni definiscono “mental“: al contrario, anche sotto il profilo tecnico e fisico è meno forte di quanto sembri a prima vista, e di quanto lasci supporre l’eleganza dei suoi gesti. Vediamo perché.

Le lacune fisiche
Sotto il profilo fisico, Richard non è certo un superman: è meno muscoloso e potente della media degli altri giocatori di vertice. Non è nemmeno particolarmente resistente alla lunga distanza. Di notevole, ha la rapidità dei piedi e la sicurezza sugli appoggi bassi che gli deriva dal suo baricentro. Le gambe corte e tozze lo aiutano parecchio, quasi quanto il suo braccio fatato, nell’eseguire le incredibili mezze volate di rovescio con cui ci incanta. E tuttavia, fisicamente il francese si discosta parecchio dal modello ideale di tennista moderno, alto e grosso, esplosivo, potente e ipervitaminico. Quindi, non essendo troppo fornito di muscoli, quando il punto è importante, e fatalmente lo si gioca più tesi, meno fluidi, la palla di Gasquet tende a perdere velocità in misura maggiore rispetto a quanto avviene ad atleti magari tecnicamente meno dotati, ma fisicamente più nerboruti.

L’anomalia del rovescio dominante
Dal punto di vista tecnico, abbiamo un’altra anomalia, fondamentale. Il francese è un giocatore naturale di rovescio e di voleè, capitato ahilui in un’epoca in cui il gioco si basa sull’uno-due servizio-diritto, i due colpi che meglio si prestano, sotto il profilo biomeccanico, a sfruttare il potenziale dei nuovi attrezzi, vere macchine lanciarazzi. Vediamo questo cosa comporta. Data la diversa forza dei muscoli coinvolti nell’esecuzione dei due fondamentali (gli intrarotatori, che si adoperano per il diritto, sono il doppio più potenti di quelli extrarotatori, che sono sollecitati nell’esecuzione del il rovescio) è stato dimostrato che, a parità di potenza, giocare un’accelerazione a 150 km/h con il diritto fa prendere meno rischi che non giocare la stessa accelerazione con il rovescio a una mano, per quanto bello e sublime tale gesto possa essere.
E’ per questo che fra due giocatori di pari livello, dotati uno di un gran diritto, l’altro di un gran rovescio a una mano, normalmente è il primo a prevalere. In sostanza, Gasquet, che cerca per lo più il vincente con il rovescio, è costretto a prendere costantemente più rischi rispetto agli altri giocatori con diritto dominante.
D’altra parte, ad altissimi livelli il servizio e il diritto del francese sono colpi meno affidabili e costanti rispetto a quelli degli altri giocatori di vertice: e non solo rispetto ai primi 3, ma anche nel confronto con i vari Gonzales, Blake, Roddick, Del Potro e via esemplificando.

Pregi e limiti del gioco al volo
Un notevole punto di forza di Richard è la qualità del suo repertorio al volo, che è eccezionale per tecnica, esecuzione, piazzamento, sensibilità di mano. Ma anche qui, rispetto ad altri grandissimi volleatori “specializzati“, a Gasquet manca qualcosa dal lato fisico: le qualità atletiche e acrobatiche, non eccelse, lo rendono meno efficace di uno Tsonga, o di un Llodra, o di un Mahut, tanto per restare in Francia, in termini di capacità di copertura della rete. In più, va detto che Richard, pur disponendo di un ottimo servizio, non possiede nella battuta un colpo così solido e continuo da sorreggere un serve & volley costante. Questi limiti, oltre alla oggettiva difficoltà, nel tennis moderno, di legare il gioco al volo con quello da fondo (i colpi di approccio, gli attacchi in back e i chip and charge oggi sono diventati molto problematici) fanno si che il potenziale di Gasquet nel gioco al volo resti spesso del tutto inespresso, tranne che sull’erba, dove però si gioca solo un mese all’anno.

Si, so fare un po’ di tutto ma… che faccio ora?
Il possesso di un repertorio tecnico così affascinante, ma così atipico, se arricchisce notevolmente il fascino del giocatore transalpino, rende oggettivamente molto difficile il suo inquadramento tattico e complica tantissimo la vita ai suoi allenatori. E non a caso ne ha cambiati parecchi. Facciamo un gioco: se voi foste il coach di Richard, come gli direste di giocare?

Spingere da fondo? Ok, ma ad altissimo livello di rovescio prende troppi rischi e di diritto non è abbastanza incisivo (ed è anche per questo, oltre che per la mancanza di tranquillità – Riccardo Cuor di Telone – che a volte lo troviamo a remare nei pressi dei giudici di linea).
Servire e scendere a rete, fare chip and charge? Ok forse sull’erba (dove non a caso ha raccolto finora i migliori risultati) ma sulle altre superfici?
Variare in continuazione il gioco, alternando ritmo, effetti e angoli, effettuando attacchi in controtempo? Potrebbe essere una strada vincente, ma è un gioco difficile e dal grande impegno mentale e fisico. Un impegno spesso eccessivo per un giocatore come Richard, non particolarmente dotato di fondo atletico né di grandi energie nervose. Sotto questo ultimo profilo, il match di quest’anno con Murray a Wimbledon, al di là delle intemperanze dello scozzese legate al fattore campo, è stato esemplare: Andy è forse meno dotato tecnicamente di Gasquet, ma ha una superiore forza fisica e nervosa, che gli consente di meglio sopportare lo stress richiesto per adottare una tattica fatta di continue variazioni, che è poi la base del gioco dello scottish, ormai quarta forza del circuito maschile.
Il talento di Beziérs trova quindi molte difficoltà nella gestione dei match, perché è un giocatore senza grandi certezze. Sa fare di tutto, e in modo splendido, ma non ha uno schema base realmente affidabile a cui aggrapparsi, specie nelle situazioni di tensione, quando la racchetta scotta e il cuore batte forte in gola. Come quando si va a servire per chiudere il match: in quelle circostanze, i grandissimi giocatori in genere si affidano a soluzioni semplici e percentualmente redditizie: cercano una gran prima di servizio, per poi aggredire con il diritto sulla ribattuta, costringendo l’avversario in una situazione difficile senza prendere rischi eccessivi. La capacità di fare questo li aiuta a gestire la tensione e a giocare bene i “big points”. Richard, come abbiamo visto, queste certezze non le ha. E quindi, quando è teso, quando si deve stringere, la mente gli si affolla di mille soluzioni diverse, tutte affascinanti, ma tutte complicate: “Ora faccio serve & volley… No, gli gioco una palla corta e la seguo a rete in controtempo… Oppure no, tiro due cross di rovescio e appena accorcia tento il lungolinea vincente…”. Non stupisce che, a un giocatore del genere, capiti di vincere quasi sempre gli scambi più spettacolari di un match, ma anche di commettere troppi errori, proprio nei momenti importanti. Da qui l’impressione generale, in parte errata, di fragilità psicologica. C’è anche quella, ma non solo, come abbiamo visto.

Quanto sono forte, ovvero chi sono io nel tennis?
Per concludere: Gasquet è un giocatore bellissimo da vedere, non ci sono dubbi; ma la ammaliante perfezione estetica dei suoi gesti ci ha sedotti e ingannati tutti quanti. La verità è che, sotto il profilo squisitamente tennistico, per quelli che sono i canoni tecnici, fisici e tattici del power tennis attuale, il francese non può aspirare ad essere un campionissimo assoluto.
Può stare nei primi 10 (lo ha già dimostrato) forse anche nei primi 5, ma difficilmente arriverà nei primi 3 o vincerà uno Slam. E come sempre, come per tutti, saranno i risultati a rifletterne il valore complessivo, che forse è inferiore a quello che abbiamo sempre pensato.