OMAGGIO A JONAS, UN ESEMPIO PER TUTTI

C’è stata commozione, ieri, all’Atp indoor di Stoccolma. Il vecchio guerriero Jonas Bjorkman, decano del circuito con i suoi 36 anni, (il francese Santoro, l’altro classe 72, è più giovane di 9 mesi) ha giocato il suo ultimo match di singolare. Ha chiuso con una sconfitta netta, 62 64 da Juan Monaco, il vecchio leone, ma non è questo che conta. Jonas Bjorkman è un pezzo di storia di questo sport, che ci lascia.
Si trattava di un ritiro annunciato da tempo: fin da Wimbledon, lo scorso giugno, Jonas lo aveva fatto sapere a tutti: “Giocherò fino al prossimo Atp di Stoccolma. Arrivato ormai a 36 anni, è tempo di iniziare la seconda fase della mia vita, e dedicare più tempo alla mia famiglia” Lo svedese, sposato con Petra, ha infatti un bimbo di quattro anni, Max, e una bimba di pochi mesi, Bianca, nata lo scorso gennaio. Uomo di interessi ampi e diversificati, Jonas si dedicherà all’iniziativa editoriale di cui è promotore: è infatti il chief editor di una nuova rivista nazionale di tennis svedese, che ha lanciato assieme ad altri ex giocatori e coach (tra cui Mats Wilander, Tomas Hogstedt e Carl Axel Hageskog) che ha preso il posto della newsletter federale, che aveva cessato le pubblicazioni. E così potrà diffondere al meglio, a beneficio del tennis del suo paese, l’enorme, preziosissima esperienza acquisita nei lunghi anni sul circuito.
Jonas ha avuto infatti una carriera infinita: ha giocato il suo primo match nel circuito Atp (proprio qui, a Stoccolma), nel lontano 1992, attraversando vere e proprie ere geologiche del nostro sport, e confrontandosi con tutti i grandi campioni degli ultimi 20 anni.
Chiude l’attività con un palmares invidiabile. 6 tornei vinti in singolare, due semifinali raggiunte nei majors (all’US Open nel 1997, e, incredibilmente, a Wimbledon 10 anni dopo), un best rank di n. 4 Atp raggiunto nella grande stagione 1997 e un prize money fra singolo e doppio di oltre 14 milioni di dollari. A questi vanno aggiunte le 3 vittorie nella coppa Davis nel 1994, 1997 e 1998 (contro l’Italia, a Milano) competizione nella quale il suo apporto è sempre stato fondamentale, in particolare in doppio, specialità nella quale vanta la bellezza di 52 titoli (fra cui 9 nello Slam, del quale si è aggiudicato tutte e quattro le prove).
Insomma, una montagna di allori che incute rispetto, specie se si considera il suo repertorio tecnico, molto atipico, con alcuni notevoli punti di forza, ma anche qualche grave difetto.
La sua dota migliore è stata senza dubbio l’incredibile reattività, che lo ha reso per molti anni uno dei più temibili ribattitori del circuito. Mentre l’efficacia dei servizi cresceva a dismisura, Jonas era sempre lì, i piedi ben dentro al campo, contro i Sampras e i Krajicek prima, contro i Federer e i Roddick poi, pronto ad azionare la sua micidiale risposta di incontro, il particolare con il rovescio bimane. Un colpo davvero degno del grande Jimmy Connors. Quella stessa reattività, inoltre, unitamente ad una tecnica cristallina, lo rendeva temibilissimo nel gioco al volo, nel quale sapeva coniugare senso della posizione, qualità acrobatiche, eleganza e sensibilità di mano in un cocktail di rara efficacia. Con razionalità molto nordica, raramente Bjorkman ricorreva a ricami leziosi, pur avendo un gran tocco. Al contrario, le sue scelte tattiche, nel direzionare le sue volee, erano sempre molto ragionate, cercando la profondità, la solidità, la percentuale, più che la soluzione ad effetto. Il servizio, senza essere potentissimo, era molto temibile, soprattutto per la continuità e per l’imprevedibilità di effetti e traiettorie. Facendo leva su questo colpo, sulla fantastica risposta e sulla grande rapidità nella corsa in avanti, Jonas ha continuato a deliziarci con dei perfetti serve & volley e chip & charge anche negli ultimissimi anni di carriera, quando un tale modo di giocare sembrava ormai essere stato bandito dal nostro sport.
Dei due colpi fondamentali, il migliore era senza dubbio il rovescio bimane, un colpo naturale, giocato praticamente piatto, con grande anticipo e indirizzato su ogni tipo di traiettoria, che costituiva la base del suo gioco. Il diritto, invece, è sempre stato la sua croce. Una impugnatura troppo aperta, il prezzo pagato per la costruzione di una volee implacabile, lo rendeva un colpo vulnerabile, con un impatto spesso arretrato, un limitato trasferimento del peso sulla palla e grandi problemi di controllo. Un colpo che, per funzionare, aveva bisogno di un timing sempre perfetto, di rimbalzi regolari e traiettorie non troppo alte.
Inutile dire che, con tali caratteristiche, lo svedese pagava dazio nel palleggio prolungato da fondo, e quindi è stato soprattutto un magnifico specialista delle superfici rapide.
Ma Bjorkman, un uomo indubbiamente intelligente, e dalla notevole apertura mentale, è stato soprattutto un grandissimo, esemplare professionista, e ha saputo estrarre da se stesso il massimo del suo potenziale. Molto saggia, in particolare, viste le sue caratteristiche tecniche, è stata la scelta di dedicarsi soprattutto al doppio, dove, con 3 compagni principali (Todd Woodbridge, Max Mirny e Kevin Ulyett) ha fatto la storia di questo sport.
Il bilancio con cui questo autentico bucaniere del circuito chiude la sua carriera (414 vittorie, che lo mettono al 7 posto nella graduatoria fra i tennisti in attività, e 362 sconfitte) va guardato con grande ammirazione. Un esempio, per tutti.