COACH IN CAMPO? MEGLIO DI NO

La Wta ha deciso: l’esperimento diventerà regola. Nel circuito femminile (fanno eccezione solo le prove dello Slam) le ragazze potranno definitivamente chiedere aiuto al proprio allenatore nel bel mezzo di un incontro.
Durante gli ultimi Internazionali del Foro Italico abbiamo assistito spesso a questa pratica. Durante il cambio di campo o una pausa per l’intevento medico, esclusivamente per una volta ogni set, le giocatrici hanno infatti l’opportunità di chiedere all’arbitro di sedia l’intervento del proprio coach. Abbiamo assistito così all’entrata sul rettangolo di gioco di alcuni personal trainer delle tenniste, che in quel piccolo lasso di tempo a disposizione bisbigliavano nelle loro orecchie qualche magico consiglio per risollevare le sorti di una partita complicata.
Daniel Panajotti, coach di Francesca Schiavone, ha commentato questa nuova regola Wta sulle pagine della Gazzetta della Sport. Il tecnico argentino non ha nascosto di non vederla con occhio favorevole.
– Il coach in campo fa vincere la partita?
“Secondo me assolutamente no. Non ci riescono nemmeno quelli che fanno coaching dalla tribuna con messaggi in codice e segnali. Le loro atlete partono dal numero 60 del mondo e lì rimangono, mentre altre, senza coach ai tornei, migliorano…”
– Cosa si dice o si fa in quei momenti?
“Andare in campo durante il match è molto difficile. In quel minuto non sai se le indicazioni sono giuste o magari possono essere fraintese. Si finisce per aumentare i problemi della giocatrice, che è già in confusione e sotto pressione. Secondo me l’ideale per la tennista in partita sarebbe riuscire riordinare le idee, ritrovarsi nella routine e nei gesti che ha studiato in allenamento”.
– Che aiuto può dare l’allenatore?
“Il lavoro si fa prima dell’incontro, perché una volta in partita decidono le emozioni e la “testa”. Se un’atleta ha paura non c’è nessuno che la può aiutare, soprattutto nel tennis, che è uno sport individuale… le converrebbe giocare il doppio. Gli uomini di questa cosa non ne parlano, e i campioni sono quelli che vengono fuori da soli in campo”.
– Ma allora come spiega questa nuova regola?
“E’ per lo show e per la tivù. Infatti parliamo al microfono, e quando io sono sceso in campo a Indian Wells mi è scappata pure una parolaccia. Iniziative così non avvicinano la gente, ma meccanicizzano ancora di più il gioco e fanno scendere il livello agonistico. Temo che le giocatrici verranno imbottite di altri elementi statistici: su dove e come rispondono o sul come servono le avversarie. E comunque, forse, è il caso che noi coach ci facessimo dare il 50% dei premi. Se giochiamo insieme è giusto no?”