Australian Open: non si può dire senza essere fraintesi. Lo sanno Djokovic, Bautista Agut e Azarenka

Che stiamo attraversando tempi difficili è fuori discussione. La situazione legata alla pandemia contribuisce a inasprire le reazioni verso comportamenti e dichiarazioni che forse sarebbero passati quasi inosservati fino a un anno fa. Finiti in fretta i giorni dei canti dai balconi, rieccoci pronti a prendere di mira chiunque non tenga, a nostro insindacabile giudizio, comportamenti impeccabili, al contempo trovando sacrosante giustificazioni per nostre azioni tutt’altro che irreprensibili. D’altronde, contemporanei a quei canti, c’erano i balconi presidiati dalle sentinelle pronte a urlare all’untore verso il solitario runner notturno.

Non importa nemmeno la bontà dei propositi alla base di un pensiero espresso magari un po’ ingenuamente: nulla viene perdonato. Come il tweet di Anastasia Potapova, che ringraziando gli australiani dei cinque mesi di lockdown per permettere di giocare il torneo, si è prestato fin troppo facilmente a una lettura ben diversa rispetto alle migliori intenzioni che lo avevano animato. Per quello che da queste pagine ci interessa, ne stanno facendo le spese in misura eccessiva i tennisti impegnati nella trasferta australiana, messi a dura prova dalla combinazione potenzialmente esplosiva di quarantena/isolamento e wi-fi.

PRIGIONIERO – Cominciamo con Roberto Bautista Agut, a quanto pare colpevole di essersi dimenticato della regola sulle conversazioni private: non contarci. È successo così che il paragone del nostro RBA, imbeccato dall’intervistatore, tra la sua quarantena e una prigione ha suscitato reazioni quantomeno perplesse quando non feroci. E non perché i detenuti godono dell’ora d’aria e lui no. Si è allora affidato ai social, il n. 13 ATP, scusandosi e spiegando l’accaduto.

“Voglio chiedere scusa a chiunque si sia sentito offeso dal video su di me recentemente pubblicato. È una conversazione privata estrapolata dal contesto che purtroppo è stata divulgata senza che ne fossi a conoscenza e senza il mio consenso. Prosegue assicurando che lui e il coach seguono i protocolli e ringraziando le persone che rendono possibile giocare.

OVER THE TOP – Se il prison-gate si può considerare chiuso, dev’essere rimasto aperto il cancelletto della gabbia dei topolini. L’altro giorno, Yulia Putinseva protestava per la presenza di un piccolo, iperattivo e inaspettato inquilino. Per quanto un’identica lagnanza avrebbe potuto farla lo stesso roditore, a Yulia è stato concesso di cambiare camera. A quarantotto ore di distanza, tuttavia, la situazione non è migliorata, anzi: sembra che ora ci sia più di un topo a farle compagnia. È vero che, proprio un anno fa al secondo turno dell’ultimamente poco-happy Slam, Yulia non uscì benissimo dalla sconfitta contro Belinda Bencic con quel dito medio alzato verso il pubblico; però, l’aspetto ironico sulle severe misure per la tutela della salute in mezzo ai topi lascia il posto a tutta la nostra comprensione per le più che legittime rimostranze della tennista kazaka che sul suo profilo Twitter appaiono fin troppo contenute, nonostante alla reception le abbiano comunicato che l’hotel è pieno e non ci sono altre stanze a disposizione.

BEL TENTATIVO? – Un altro protagonista di questi giorni della quarantena australiana è Novak Djokovic, uno degli eletti che stanno trascorrendo le due settimane ad Adelaide. Il numero 1 del mondo ha compilato una lista di richieste in favore dei colleghi che sono stati considerati “contatti stretti” e quindi impossibilitati a lasciare le rispettive stanze per allenarsi. Se le intenzioni erano lodevoli, la faccenda non è stata gestita nel migliore dei modi. Non si è trattato di una richiesta formale (non certo in quanto leader della PTPA che, per quanto se ne parli, ancora non esiste) rivolta a Tennis Australia o al governo dello Stato di Victoria, né di una richiesta in sé, poiché pare che la lista sia “trapelata”. Anche il contenuto lasciava perplessi a causa dell’idea secondo cui si potrebbe ridurre la durata dell’isolamento sottoponendo i tennisti a un numero maggiore di test, anche perché dall’Australia ci confermano che i test vengono effettuati ogni giorno.

A ogni modo, con il problema dei pasti risolto immediatamente, il premier Daniel Andrews ha seccamente rifiutato le proposte, richieste o “suggerimenti”, così definiti da Craig Tiley per smorzare i toni visto che, come si rilevava all’inizio, le reazioni degli abitanti non possono non essere esacerbate dalla situazione. Dal loro punto di vista, infatti, ci sono il rischio di vanificare mesi di lockdown e i parenti all’estero che aspettano da tempo di poter rientrare in patria. Dopo questo tentativo da alcuni percepito in modo non dissimile a un regale invito al popolo a mangiare brioche, anche Nole si è sentito in dovere di replicare a chi ha frainteso la bontà delle sue motivazioni e si è rivolto all’Australia tutta con una lunga lettera pubblicata sui social. Vedremo se ciò stimolerà un nuovo intervento da parte di Nick Kyrgios, il quale, però, non ha nemmeno la scusa della quarantena.

MANEGGIARE CON CURA – Immancabili sono anche le preoccupazioni di e per Kei Nishikori, per il quale l’aggettivo cristallino viene solitamente affiancato al fisico molto prima che al talento. Considerando che parliamo di un finalista Slam ed ex quarto tennista del mondo, è facile intuire anche per chi non ne conosce la carriera che il trentunenne di Shimane ha più volte dovuto fare i conti con diversi problemi fisici. Spesso infortunato ma anche sfortunato, Kei non solo ha contratto il Covid-19 lo scorso agosto (dovendo così rinunciare a “Cincinnati” e allo US Open), ma si è pure ritrovato su uno degli aerei “infetti” e quindi costretto nella sua stanza.

Purtroppo per lui come del resto per Tennys Sandgren, per quanto rara e tuttora oggetto di studi, esiste la possibilità di essere nuovamente infettati e, evidentemente, le autorità locali hanno preferito la strada dell’estrema precauzione. “Sto bene, ma dovrò giocare degli incontri (ATP Cup) appena due giorni dopo la fine di questa quarantena. Sono preoccupato per il rischio di infortunarmi e per il livello di gioco ha spiegato in un video, aggiungendo la sua routine quotidiana: “Sveglia alle nove, colazione, due ore di allenamento, pranzo, pisolino e un altro allenamento. Cerco di mantenere la sensazione di giocare a tennis così provo i colpi e giochicchio con le palline”. Ma anche libri, videogiochi e altri passatempi, “eppure un po’ mi annoio”.

ATLETI VERI – Oltre a Nishikori, c’è tutta una schiera di tennisti concentrati su allenamenti di ogni tipo, ben decisi a tirare fuori il meglio dal proprio fisico (o, quanto meno, di perderne il meno possibile), benché costretti nello spazio ridotto delle loro camere. Per catapultarsi verso la porta, infilarsi il borsone portaracchette e farsi trovare prontissima, a Elina Svitolina bastano 4,5 secondi dal momento in cui sente bussare. Non che qualcuno abbia bussato. Si danno tutti e tutte davvero da fare, almeno durante quei brevissimi video che ci mostrano.

CARTE FALSE – Non è mancato neanche un politico locale che, apparentemente a caccia di facili consensi da bar, ha commentato in modo offensivo la foto postata da uno Stan Wawrinka intento a fare colazione in rigoroso rispetto del distanziamento sociale, nonché #happytobehere e #grateful. Questo non troppo ameno personaggio, membro del Parlamento, pochi mesi fa aveva pubblicato la propria versione delle carte da gioco “most-wanted Iraqi” usate nel 2003 dai militari statunitensi in Iraq per identificare i membri del governo di Saddam Hussein da catturare o uccidere. Ovviamente, nella sua versione, sulle carte c’erano le foto del premier Andrews e della sua squadra. Non ci farebbe piacere vederne una con il viso di Stan.

SE NON RISPONDI AL TELEFONO – Bravo a guadagnarsi la qualificazione in quel di Doha, Viktor Troicki ha i nervi a fior di pelle: Non posso preparare un match tre su cinque così, non sarei venuto se lo avessi saputo riportano i media serbi. La storia del “non lo sapevamo” è stata però smentita da Tiley e dal doppista Artem Sitak che ha raccontato di una teleconferenza con Tennis Australia in cui sono stati messi al corrente della spiacevole possibilità. Lo stesso Sitak ha tuttavia notato che, almeno in quella occasione, non erano tantissimi i colleghi presenti.

IN RIGA – A questo punto, era necessario qualcuno che mettesse un po’ di ordine: chi meglio di mamma Vika poteva assumersi l’onere? Con un lungo post, Azarenka ha allora chiesto ai colleghi cooperazione, comprensione ed empatia nei confronti della comunità locale. Inutile dire che nemmeno l’ex n. 1 del mondo è stata esente da critiche. Colpa della frase “stare in quarantena stretta per 14 giorni è molto dura da accettare”. Impossibile dire qualcosa senza tirarsi addosso le ire di qualcuno, ma nemmeno starsene zitti potrebbe ovviare al problema: “Uhm, cosa avrà da nascondere quello che non posta nulla?”.

IL PREFERITO – Concludiamo con Pablo Cuevas e le sue storie Instagram giornaliere. Appoggiato il materasso alla parete, lo ha utilizzato come “muro” contro cui scagliare rovesci a tutto braccio. Il giorno dopo lo ha rimesso a posto (beh, probabilmente la sera stessa per poter dormire sdraiato) e ha usato il letto munito di rotelle per fare “surf en Australia”. Scenette telefoniche,, tentativi di grafica, party solitari… Insomma, il Pablo che un anno fa all’ATP Cup era andato un po’ fuori testa potrebbe trascorrere queste due settimane meglio di tutti. Oppure lo perdiamo per sempre.