A Tokyo senza bandiera e inno: l’Italia fa ancora in tempo a evitare una brutta figura

Sommerso dalla pandemia e – negli ultimissimi giorni – dalle dinamiche della crisi di governo, torna a galla con una certa urgenza un tema su cui lo sport italiano rischia di scivolare. Il CIO, nella riunione del 27 gennaio, potrebbe esprimersi con un pesante avvertimento nei confronti dell’Italia. L’accusa è quella di aver violato il principio di autonomia dello sport dalla politica, stabilito all’articolo 27 della Carta olimpica. Il contratto di servizio firmato a novembre 2019 con la nuova società pubblica Sport e Salute ha sottratto infatti attribuzioni al CONI, tra cui quelle sulle sedi e sul personale non più sotto la responsabilità di Giovanni Malagò. Il CIO non procederebbe già in automatico alla peggiore delle sanzioni – la perdita dell’inno e della bandiera per gli atleti italiani all’Olimpiade di Tokyo -, ma anche il warning rappresenterebbe comunque un significativo danno d’immagine. Non solo per la storia sportiva del nostro Paese, ma anche in prospettiva. L’Italia, non dimentichiamo, ha ottenuto l’organizzazione dell’Olimpiade invernale di Milano-Cortina 2026.

SCIATTERIA – Per cogliere l’essenza di una questione insidiosa, è utile sottolineare come “sottovalutazione” sia la parola chiave tirata tirata in ballo su più livelli di analisi. Un problema – non irrisolvibile – di cui si conosce l’esistenza, ma rinviato e trascurato fino a farlo diventare di strettissima attualità. È utile stabilire anche le reali proporzioni della vicenda. Il caso italiano è ben lontano da quelli di Russia e Bielorussia. Che per diverse ragioni (il doping di Stato e l’ingerenza di un regime ritenuto autoritario) non potranno mandare i loro atleti a Tokyo sotto le rispettive bandiere, ma li vedranno gareggiare da indipendenti. Molto difficile immaginare che per l’Italia – in una situazione enormemente diversa, fortunatamente – si possa arrivare a questo. Ma visto che una violazione della Carta olimpica comunque sussiste, non porvi rimedio rappresenterebbe un momento di sciatteria politica comunque grave e foriero di ripercussioni.

QUESTIONE DI PRIORITÀ – Malagò, in una delle tante recenti interviste sul tema, ha parlato del 27 gennaio come di una “data sacra”. In effetti si tratterà dell’ultima riunione del CIO prima di quella elettiva che rinnoverà il mandato del presidente Thomas Bach. C’è anche da registrare come i rapporti formali tra il Comitato Olimpico e il governo italiano siano nel segno della cordialità. Il 24 gennaio 2019, giorno dell’assegnazione dei Giochi, una stretta di mano tra Conte e Bach sembrava promettere sviluppi rapidi. A seguito dell’approvazione della legge Olimpica che alimenta Milano-Cortina 2026 (oltre alle ATP Finals di Torino), Bach ha poi scritto al presidente del Consiglio una lettera di congratulazioni.

Lasciando un po’ tra le righe l’auspicio che fosse premura del governo italiano, dopo tanto sforzo, sistemare in tempo utile anche i problemi burocratici. Il tutto, nella cornice di un rapporto più che collaudato tra i vertici di Losanna e Giovanni Malagò. “Ci rendiamo conto che ci sono altre priorità – le recenti parole del numero uno del CONI a La Gazzetta dello Sport -, ma dopo due anni di via crucis ci auguriamo che ciò che ci era stato promesso venga mantenuto“. Nell’immediato si tratterebbe di mettere una pezza formale: un decreto legge – anche solo in formato scatola, senza grandi contenuti – che restituisca al CONI l’autonomia delle risorse umane e degli asset. Rinviando a un momento successivo, superata l’urgenza, la definizione del rapporto con la società voluta dal governo pentastellato al posto di Coni Servizi.

POI VEDIAMO… – “Il CIO non può perdere la sua credibilità“, ha proseguito Malagò. Lasciando intendere come sarà impossibile ignorare del tutto la mancanza italiana, pur nella piena consapevolezza che si tratti di qualcosa di ben diverso dalle violazioni in atto in altri Paesi. Franco Carraro, che del CIO è membro italiano, ha sintetizzato così: “Non so se ci sia malafede o ignoranza, c’è stata sicuramente una sottovalutazione, l’atteggiamento tipico che si usa in Italia, quello del ‘prima o poi vediamo’. Il Governo è in ritardo, spero si trovi una soluzione entro il 27 gennaio per non fare la figura di ricevere un warning che non sarebbe di prestigio per il nostro Paese. In questo momento non ottemperiamo ad alcune norme perché il CONI non ha la garanzia della funzionalità, ma non credo si possa pensare a un’ipotesi (il divieto di inno e bandiera, ndr) che di solito accade per Paesi dove gli atleti vengono drogati o non c’è democrazia“.

Lo sforzo di questo momento deve essere isolare l’immediata prospettiva olimpica da una più complessa diatriba politica, quella che ha portato all’esautoramento di alcune funzioni del CONI da parte della politica. I tempi per un decreto volante ci sarebbero. Resta da capire se – nel caos degli sviluppi della crisi di Governo – qualcuno riesca a mettere in evidenza sul tavolo del presidente Conte (e dei ministri Spadafora e Gualtieri) il rischio di una pessima figura per uno dei settori d’eccellenza del nostro Paese.