Ana Ivanovic: “Dopo un titolo Slam si è costretti a vincere. Mi mancano le luci dei riflettori”

In un’intervista rilasciata live su Instagram a Barbara Schett di Eurosport, Ana Ivanovic ha detto la sua su tanti temi relativi al tennis: tra questi, il perché abbia dichiarato di non essersi goduta abbastanza la prima posizione mondiale, i suoi pensieri sul ritorno al tennis giocato di Kim Clijsters e la sua scelta riguardo all’avversaria più tosta mai incontrata.

Sebbene non venga citato se non indirettamente nell’intervista, questo articolo coglie anche l’occasione di ricordare l’unico trionfo Slam dell’ex tennista serba, giunto quasi esattamente dodici anni fa: era il 7 giugno 2008 quando Ana Ivanovic batteva 6-4 6-3 Dinara Safina per alzare al cielo il trofeo del Roland Garros. Sarebbe rimasta la sua ultima finale Slam, dopo le sconfitte del 2007 (sempre a Parigi, contro Henin) e dello stesso anno all’Australian Open, contro Sharapova.

Di seguito vi proponiamo la traduzione dell’intervista.

Come è cambiata la tua vita quando hai iniziato a vincere tornei dello Slam raggiungendo poi la prima posizione della classifica mondiale?
È stato tutto molto intenso. Avevo vent’anni quando ho vinto uno Slam diventando la numero uno al mondo. In quel momento cambia tutto nel tuo approccio al gioco. Prima si gioca per puro piacere, sia in allenamento che in partita. Poi, all’improvviso, si è costretti a vincere pena la perdita della prima posizione mondiale. Questo lo accusavo più del dovuto. Volevo solo fare quel che mi piaceva, giocare a tennis. Sono stata sotto i riflettori, ma il mio sogno non è mai stato diventare la numero uno del mondo, ma semplicemente giocare a tennis con leggerezza, divertirmi e vincere partite e tornei. Abituarsi alla nuova condizione è stato piuttosto difficile.

Chi è stata la giocatrice più difficile da affrontare per te nel circuito?
Ci sono giocatrici contro cui ti trovi bene e altre che ti mettono in difficoltà per il loro tipo di gioco. All’inizio della mia carriera, le battaglie più dure sono state contro Patty Schnyder. Partite che non dimenticherò mai. Ricordo ancora un fantastico quarto di finale a Berlino. Anche le partite contro Svetlana Kuznetsova sono sempre state complicate. Ma nell’intera mia carriera l’avversaria più tosta è stata Karolina Pliskova. Negli ultimi anni della mia carriera ci siamo incrociate diverse volte, lei era una che sapeva mascherare il suo gioco molto bene: era difficile leggere il suo servizio o capire da quale parte avrebbe tirato. Io sono brava a leggere il gioco delle avversarie e mi piaceva manovrare – e infatti amavo la terra battuta – ma con Pliskova è sempre stato molto complicato. Serve molto bene e non riesci a entrare nello scambio.

Quale è il match che ti piacerebbe rigiocare?
La finale dell’Australian Open 2008 contro Sharapova. Ci fu un primo set combattuto, lei a un certo punto stava servendo sul 4-4, 30-30. A campo aperto sul dritto optai per una smorzata che non superò la rete. Mi sono deconcentrata e poi, mi sembra, persi il set 7-5. Non riuscivo a scacciare quel punto dalla mia testa. Solitamente uno mette da parte il ricordo negativo e pensa al punto successivo, ma quella palla in qualche modo proprio mi è rimasta impressa. E dire che in quel torneo stavo giocando davvero bene. Questa è la partita che, potendo scegliere, mi piacerebbe rigiocare.

C’è qualcuna contro cui non hai mai giocato durante la tua carriera che avresti voluto affrontare?
Mi sarebbe piaciuto incontrare Monica Seles, ma le nostre carriere non sono state contemporanee. L’ho incontrata qualche volta dopo il suo ritiro: ha i piedi per terra, è molto timida e umile. Vorrei averci giocato contro. È una persona davvero meravigliosa.

Quanto ha influenzato la tua carriera il tuo connazionale Novak Djokovic?
Siamo cresciuti in Serbia insieme e abbiamo iniziato a giocare negli stessi anni (io un anno dopo di lui). Quando avevamo dieci o undici anni, giocavamo gli stessi tornei giovanili in Serbia. Poi, una volta entrati nel circuito mondiale, siamo diventati molto amici. Negli anni lui ha fatto il suo percorso e io il mio: quel che ha ottenuto è veramente incredibile.

Pensi che Novak possa terminare la sua carriera come recordman di vittorie nei tornei dello Slam?
Probabilmente sì perché il tempo è dalla sua. Ha decisamente ancora almeno un paio d’anni per farcela ed è uno dei suoi grandi obiettivi.

Cosa pensi del ritorno al tennis di Kim Clijsters?
Kim è stata la mia mentore quando mi sono affacciata al circuito maggiore. Parlavamo tantissimo e mi ha aiutata ad abituarmi al tour. Siamo diventate amiche, poi lei ha avuto la figlia Jada, è tornata e ha vinto uno Slam. Quel che ha ottenuto è fantastico. La rispetto ancora molto, tornare a giocare dopo aver avuto tre figli e dopo aver dato tutto quel che ha dato lei è difficile anche solo da immaginare. Non perché lei non sia in forma, ma perché il corpo reagisce diversamente. Quando competi ad alto livello ti rendi conto di quanto sia essenziale essere al top dal punto di vista fisico e lei di energie ne ha spese. Ho guardato alcuni dei suoi match e l’ho vista colpire la palla molto bene, spero davvero che riesca a tornare ai livelli di una volta. Ma personalmente non credo sarà facile.

Pensi che Serena possa vincere un altro Slam scrivendo una pagina di storia?
Penso che per quanto la riguarda, il tema principale sia la pressione mentale di vincere quello Slam in più piuttosto che la capacità di farlo. Conta il lato emozionale del fare quello step decisivo per vincere davvero un titolo.

Questa sosta prolungata del circuito aiuterà le giocatrici più anziane ed esperte o quelle più giovani?
Penso che sia una sfida impegnativa. Non mi piacerebbe affrontarla. Una volta sono stata infortunata per due mesi e già quello è stato duro abbastanza. C’è chi riesce a tornare al top più in fretta. Alcune giocatrici sono in grado di ritrovare se stesse in fretta dopo i lunghi stop, altre ci mettono più tempo. È qualcosa di soggettivo ma penso che questa situazione favorisca le più giovani perché per loro sarà più facile riprendere il ritmo giusto.

C’è qualcosa che ti manca della tua carriera tennistica?
Mi manca competere. È strano perché quando avevo 15-16 anni temevo il giorno in cui mi sarebbe toccato di giocare sui campi centrali più importanti. Rifuggivo le luci dei riflettori. Ora invece mi mancano. Quando guardo alcune amiche giocare nei tornei penso che mi piacerebbe fare ancora parte di quel mondo, perché mi piace viaggiare in giro per il mondo e incontrare persone amiche. Ma poi quando guardo a tutto il resto, sono felice della vita che faccio oggi.

Traduzione a cura di Gianluca Sartori


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